Reggio Emilia, 13 giugno 2010. PINO LA MONICA, è riuscito a dormire dopo la condanna per pedofilia?
«Sì, ma non bene. Il pensiero era sempre lì...».

Ai 9 anni e 9 mesi di reclusione?
«No, no. Potevano darmi un giorno o 40 anni, per me non cambiava nulla...».

Cioè?
«Io ho una grande forza: sono innocente. E fin dal primo giorno non ho voluto scorciatoie: ho detto no al patteggiamento della pena grazie al quale avrei goduto di un forte sconto di pena. Ma preferisco fare 9 anni di galera da innocente che un paio come pedofilo in qualche cooperativa sociale».
 

Lei dice di essere innocente. Allora com’è possibile una condanna così severa?
«Sono curioso di leggere le motivazioni della sentenza. Perché la mia è una condanna a priori. Quel che è accaduto in dibattimento non è stato preso in considerazione».
 

Le sue sono accuse pesanti.
«Corrispondono a verità. Ed è semplice provarlo: basta leggere le carte. E analizzare come cambiano le versioni delle ragazzine dopo che intervengono i carabinieri».
 

Si spieghi.
«Quando si sono recate dal preside e dalle insegnanti hanno detto che le abbracciavo e mi avvicinavo troppo. Con l’entrata in scena dei carabinieri è cambiato tutto e le accuse sono diventate molto più pesanti».
 

Altre cose che la lasciano perplessa?
«Perché carabinieri e Procura sono immediatamente intervenuti invece di installare telecamere nelle ludoteche e nelle scuole dove stavo lavorando? Se mi fossi comportato male mi avrebbero subito incastrato... E perché non è mai stato portato in aula il papà di Correggio che ha innescato tutta la vicenda? Noi lo abbiamo chiesto tante volte, ma senza successo. Si è trasferito in Cile... Ho capito, ma io rischio una condanna per pedofilia, è possibile che non si riesca a farlo deporre?».
 

Lei non si rimprovera nulla?
«Mi sono interrogato tante volte. Sicuramente ho pagato il fatto che io con i miei allievi sono molto affettivo. Ma lo sono sempre stato anche con gli adulti».
 

E questi giochi al buio?
«Una sciocchezza. Nel senso che sono la minima parte della mia attività. E, guarda caso, gli unici due episodi che mi imputano si sarebbero svolti a luci spente. E dire che di giochi ne facevo di ben più rischiosi da questo punto di vista».
 

Tipo?
«Il puzzle. Consiste nello stare in venti in quattro mattonelle. Il contatto fisico qui è all’ennesima potenza, ma c’è la luce...».
 

Che sentimento ha verso le ragazzine che l’hanno accusata?
«Se dovessi incontrarle le abbraccerei con affetto».
 

E nei confronti delle loro famiglie?
«Quando sarà tutto finito mi piacerebbe incontrarle e dire loro: chiariamoci».
 

Lei è stato condannato anche per possesso di foto pedopornografiche.
«Un bel mistero. Foto che non sono mai state aperte né scaricate. E che quindi io non ho mai visto. Ho chiesto al giudice che venisse effettuata una perizia sul computer per evidenziare che si trattava di ‘banner’, ma non è stata concessa. E pensare che sono stato io a dire ai carabinieri che avevo altri due pc nella sede della mia associazione. Volete che sia così stupido da autoincastrarmi?».
 

Si aspettava la condanna?
«Dopo tutto il casino che c’è stato in questi due anni e mezzo, l’assoluzione sarebbe stata un miracolo. Diciamo che non mi aspettavo i nove anni».
 

C’è qualcuno che le ha voltato le spalle in questo durissimo periodo?
«No. Dirò di più: io vado dappertutto, dalla biblioteca ai musei, ma nessuno mi ha mai dato un appellativo o guardato male. Anzi, sono sempre stati tutti molto solidali. La mia fortuna, poi, è stata avere la vicinanza della mia grande famiglia degli allievi. I giudici mi hanno condannato per la testimonianza di nove di loro, ma gli altri cinquemila non li hanno ascoltati...».
 

La sua casa è sempre affollata.
«E’ di vetro. E qui continuano a venire gli amici, i ragazzi coi loro genitori. Tutti solidali col sottoscritto».

E i vicini di casa?
«Stravedono per me. E per loro faccio pure il baby sitter...».
 

In questi due anni e mezzo, non le è mai passato per la testa di farla finita?
«Assolutamente no. La vita è troppo bella».

Nemmeno in carcere?
«Mi hanno salvato i disegni dei bambini. Spediti dai loro genitori».
 

E’ rimasto otto giorni in isolamento nella casa circondariale di Reggio, dove lei aveva tenuto due corsi teatrali.
«I detenuti mi hanno dato affetto. Troppo. Perché quando uno di loro ha tentato di portarmi dei biscotti nella mia cella, il direttore ha chiesto il mio trasferimento. Troppo casino...».
 

Lei gode del gratuito patrocinio.
«Per forza. Ho speso 40mila euro per perizie e avvocati e non ho più un soldo. E neppure un reddito. Nell’ultimo periodo ho insegnato in due corsi, ma cosa volete che abbia guadagnato?
 

Se potesse tornare indietro?
«Rifarei tutto della mia vita. Ovviamente corsi per bambini compresi. Del resto sono i piccoli stessi, i loro genitori, a chiedermi anche oggi di tornare a lavorare con loro».
 

Rifarebbe anche i giochi al buio?
«Questo no. Eviterei».
 

Come vede il suo futuro?
«
Da educatore. Con i bambini. Non potrebbe essere altrimenti: ho appena preso una condanna a nove anni, eppure proprio oggi (ieri, ndr) mi sono arrivate richieste da privati per rifare corsi coi bambini...».