Reggio Emilia, 24 gennaio 2011 - NEL NORD della Svizzera, al confine con la Germania, c’è un sindaco di origine reggiana. Si chiama Franco Mazzi, ha 52 anni e guida il governo locale di Rheinfelden, una cittadina di 12mila abitanti, separata dal fiume Reno dall’altra Rheinfelden, stavolta sulla sponda tedesca. Eletto per la prima volta nel 2006, quattro anni dopo è stato riconfermato a pieno titolo dai suoi concittadini. Ed è tuttora in carica.
Sindaco Mazzi, come è nata la storia svizzera della sua famiglia?
«Tutto è cominciato negli anni Cinquanta, con la crisi delle Officine Reggiane. Mio padre Giannino lavorava lì, come saldatore elettrico. Quando a Rheinfelden, dove è attiva una grossa industria di materiale ferroviario, seppero che chiudevano le Reggiane, un responsabile dell’azienda corse a Reggio coi contratti già pronti in mano. Qui cercavano manodopera specializzata. Portarono in Svizzera quaranta operai. Tra loro c’era mio padre. Qui lui aveva trovato lavoro, poi l’amore. E sono nato io…»
Di che zona era suo padre?
«Della zona di Ospizio, dove c’era la cooperativa. Fino a qualche tempo fa venivo spesso a Reggio a trovare i miei nonni. In città ho ancora qualche parente. L’ultima volta che sono venuto da quelle parti è stato a Pasqua, l’anno scorso».
Come ha trovato Reggio?
«E’ una bella città. Molto ordinata. Beh, mi piacerebbe fare il sindaco lì da voi, anche se so che avete un primo cittadino molto bravo e attivo. E poi da un comune di 12 mila abitanti a una città così grande, per me sarebbe un salto molto grosso… Del Reggiano conosco anche altre zone: con le mie due figlie sono stato a visitare pure Brescello, il paese di Peppone e don Camillo».
E’ vero che a Rheinfelden avete anche una Colonia Libera Italiana?
«Sì. La fondarono proprio quei quaranta operai che arrivarono qui negli anni Cinquanta. Nacque come club per la gente che voleva sviluppare programmi di educazione e di ritrovo. Il primo presidente, Benito Ferrari, detto Pulce perché era di bassa statura, era tornato a Reggio ed è morto pochissimi mesi fa. Poi c’erano Emilio Ferretti, Mario Pattacini, Ermanno Bigi (detto Marlon Brando), Giuseppe Manfredotti e mio padre, Giannino. Quei reggiani avevano colpito molto la gente del posto: la sera andavano a divertirsi, dopo il lavoro. Erano allegri, cantavano in strada, portavano buonumore anche con i loro vestiti, più “moderni” rispetto all’abbigliamento locale».
Da noi la crisi è forte. E da voi? E’ difficile fare il sindaco a Rheinfelden?
«Guardi, la crisi non ci ha toccati in modo particolare. Qui si sta ancora bene. Riusciamo ancora a realizzare opere pubbliche e a curare lo stato sociale. La povertà esiste, come ovunque. Ma finora abbiamo sempre saputo aiutare le persone in difficoltà. Cerchiamo di lavorare bene sul sistema fiscale: se la gente deve pagare tanto per ricevere poco, allora l’evasione cresce. Occorre lavorare per fare accadere il contrario…».
Qual è il gradimento dei suoi concittadini verso il suo governo?
«Ogni quattro anni facciamo un sondaggio su 500 cittadini a caso. Nell’ultima tornata il 99% dei contattati ha detto che è felice di vivere a Rheinfelden».
Ma qualcosa ci sarà che non va del tutto bene, lì da voi...
«Beh. La gente è un po’ tradizionalista. Ha paura dello sviluppo, di nuovi quartieri che prendono il posto dei campi o di zone verdi. Ha timore dell’aumento del traffico. Ma per il resto non abbiamo grossi problemi. In città opera un birrificio, la Feldschlösschen, che è il principale datore di lavoro e porta il nome della nostra città in tutta la Svizzera. E’ una fonte di ricchezza economica per molte famiglie».
Conosce il nostro giornale?
«E come no. Quando da ragazzino andavo con la famiglia in vacanza, a Rimini, mio padre ogni giorno mi mandava dalla spiaggia all’edicola a comprare il Carlino. E precisava: l’edizione di Reggio Emilia. E’ stato il giornale preferito in famiglia. Mio padre, inoltre, tifava per la Reggiana. Voleva sapere tutto sulla squadra. Ora ho saputo che è in serie C. Speriamo torni ai massimi livelli…».
Beh, visto che tocca il tema del calcio, mi permetta una domanda. Lei vive a due passi dalla terra tedesca. Ma in caso di sfida Italia-Germania?
«Su questo aspetto non ci sono mai stati dubbi. In quel caso divento... azzurro a tutti gli effetti».