Reggio Emilia, 20 febbraio 2012 - ANDIAMOCI piano col museo-spettacolo. Un gruppo di intellettuali reggiani - docenti universitari, architetti, studiosi e appassionati d’arte, professori in particolare dei licei Ariosto e Spallanzani - ha scritto una lettera al sindaco sollevando dubbi molto forti sul futuro aspetto dei Musei Civici. Il complesso museale ospitato nell’ex convento di San Francesco verrà ristrutturato sulla base di un progetto fantasmagorico dell’architetto Italo Rota, che prevede - fra l’altro - la collocazione di una serie di alti funghi di acciaio specchiante davanti a quello che sarà il futuro nuovo ingresso, all’angolo rientrante tra la piazza e via Secchi. Sulle due facciate sono previste due giardini verticali, che fanno venire alla mente quelli di Patrick Blanc al museo Quai Branly di Parigi. Costosi nella manutenzione, avverte la lettera.


IL GRUPPO di intellettuali pone alcuni argomentati interrogativi, prendendo spunto da un articolo del direttore dei Musei Elisabetta Farioli, uscito su «Taccuini d’arte»: «Che obiettivi si propone il riallestimento di alcune sale, così come illustrato dalle immagini fino ad ora rese disponibili? Quale valore aggiunge al museo e quali costi comporta per la comunità (si parla di oltre 4 milioni di euro)? quanto ci si è confrontati con i fruitori del museo, che dovrebbero essere gli inerlocutori privilegiati di eventuali azioni di modernizzazione dello stesso? E ancora quando e quanto il progetto è stato condiviso con la cittadinanza?» E’ vero, scrivono i firmatari della lettera, che - cone ricorda la direttrice Farioli nel suo articolo - il museo è un’«eredità vivente», ma in che direzione va - nel caso specifico dei Musei Civici - un approccio che parta «dall’oggi, dai problemi della contemporaneità» leggendo nelle testimonianze del passato «possibili stimoli a una lettura del presente in vista di future possibili visioni del mondo» (parole della Farioli)?

C’E’ POI L’ASPETTO delle competenze, che per i mittenti della lettera al sindaco devono essere ben delineate e non confuse (su questo il progetto Rota avrebbe «benefici fumosi»), specie in un museo che non viene creato ex novo ma ha una lunga storia. E l’aspetto economico, se - come pare in questo caso - si investono cifre consistenti «in operazioni che - anche al di là dei giudizi di valore - costituiscono una sorta di maquillage esteriore».