Reggio Emilia, 23 febbraio 2012 - «Sono intervenuto in un palazzo anonimo in una città anonima». «Reggio Emilia è una città in cui ci sono più maiali e mucche che umani». Due passaggi, scissi dal proprio contesto, di una conferenza nella quale Italo Rota illustra ad una indefinita platea il suo progetto dei Musei Civici di Reggio insieme a un altro suo intervento sul lungomare di Palermo. Il tutto è liberamente consultabile online e si trova in calce ad una intervista realizzata a Rota il 6 luglio 2010. L’architetto, pur contattato, non si è reso disponibile.
 

«È un progetto di un museo estremamente sofisticato — dichiara l’architetto —, una collezione scientifica perversa. Molti mostri, molti gemini, storie di ogni genere». Ci sono «veri e propri capolavori dell’arte oceanica e africana confrontati con un raccolta di pittura locale di croste. Un tema straordinario: ci sono tre sculture dell’Isola di Pasqua, capolavori assoluti che non ha nemmeno il British Museum, ma i quadri... delle croste».
La fauna reggiana. «L’altro tema era il rapporto di queste collezioni con l’ambiente. Penso che oggi tutte le cose che stiamo facendo debbano porre un tema fondamentale: come noi ci arricchiamo per sottoscrivere il nuovo contratto con la natura. Ovviamente Reggio Emilia sta nella pianura, circondata da un ambiente quasi anonimo, quasi in assenza di animali, però i più grandi numeri di abitanti sono i maiali e le mucche, in numero superiore agli umani. Un fatto abbastanza raro».
 

Rota, il collega Calatrava e il tunisino. «Abbiamo però un elemento di contemporaneità straordinario. I tre grandi ponti di Calatrava che hanno posto un grosso problema alla cittadinanza ma hanno dato una consapevolezza identitaria. Senza pezzi contemporanei di grande qualità non scattano i nuovi processi identitari. Non possiamo vendere a un tunisino il nostro passato. Possiamo solo condividere con lui presente e futuro». Nel corso della conferenza, utile anche perché Rota descrive con precisione il futuro allestimento delle sale, l’architetto si sofferma anche sulla Balena Valentina. «Abbiamo alcuni oggetti feticci, il primo è una grande balena, del 1600. Il materiale per conservarla era l’asfalto, e quindi l’ingresso e tutto un piano è realizzato in asfalto. Ma l’oggetto chiave è la balena. Asfaltata».

Il processo decisionale: «Come avviene che un Comune decide di fare questo? Con una procedura democratica. Se questa cosa interessa si fa. Come avviene? Chiamano uno come me che fa un concept, prepara dei documenti comunicabili per le persone e si fanno tante riunioni nei quartieri dove si discute questa cosa. La cosa interessante è che alla gente interessa». Il video della conferenza è utilissimo per comprendere la visione retrostante la futura sistemazione dei Musei Civici. «Il massimo che possiamo sperare in un museo — afferma Rota — è che una volta che ci mostra la collezione in un certo modo faccia scattare nel visitatore un processo di conoscenza» in base al quale «vedrà tutto quello che ha visto prima in modo molto diverso».