Reggio Emilia, 25 agosto 2012 - E’ morto su un campo di calcio, mentre praticava la disciplina che più gli piaceva, il calcio. Giuseppe Fugallo, 61 anni, arbitro del Centro Sportivo Italiano è stato colto da un improvviso malore mentre giovedì sera, dopo le 21, giocava una partitella tra amici (il gruppo di chiama “Cupola”) al campo sportivo dell’oratorio di Mancasale.

E’ morto sotto gli occhi degli amici con cui condivideva il suo hobby preferito. E come era nel suo stile se n’è andato in silenzio. Giuseppe Fugallo, infatti, è stato colto dal malore quando la partitella era iniziata da pochissimi minuti. Chi lo ha visto chinarsi ha pensato che si volesse allacciare il cordone di una scarpa, perché è questo che Fugallo ha cercato di far credere. Ma quando dopo pochi secondi si è steso sull’erba verde, allora tutti hanno capito la gravità dell’accaduto.

 In campo, tra i giocatori, c’erano anche due veterinari, Andrea Iotti e Mauro Villa. Quest’ultimo gli ha praticato la respirazione artificiale. «Ho capito subito che la situazione era grave. Per prima cosa abbiamo cercato di aprirgli la bocca: non è stata una cosa facile ma ci sono riuscito. Poi ho iniziato a praticargli la respirazione artificiale».

Ha ripreso conoscenza, diceva qualcosa in quel momento?
«E’ sempre rimasto incosciente. Poi è arrivato il personale dell’automedica e dell’ambulanza».
Sul terreno di gioco, Giuseppe Fugallo è stato sottoposto a tutte le pratiche rianimatorie. Tutto è stato fatto per tenerlo in vita. Segni di ripresa erano molto flebili e il personale medico ha deciso per il trasferimento urgente al pronto soccorso dell’arcispedale S. Maria Nuova. Una corsa contro il tempo che non ha avuto successo. Al pronto soccorso Giuseppe Fugallo è arrivato privo di vita.

«E’ stato colto da un infarto che non dà scampo — dice il veterinario Mauro Villa —. E dire che fino a quel momento non c’era stato nessun segnale che potesse far presagire qualcosa. Pure domenica mattina aveva giocato la solita partitella e Fugallo aveva giocato l’intera partita senza dare segnali di affaticamento o altro».

Pierluigi Alberici