Reggio Emilia, 27 agosto 2012 - Tra poche ore il ciclone-Benigni sarà di nuovo al Campovolo. L’attore fiorentino sarà il mattatore della serata di oggi — a partire dalle 21.30 — sul palco della festa del Pd con il suo ‘TuttoDante’, spettacolo che oscilla tra la comicità degli sketch incentrati sull’attualità del nostro paese (e non solo) e l’emozionante recitazione di uno dei più grandi classici di sempre: la Divina Commedia. Lo show di oggi sarà dedicato in particolare all’undicesimo canto dell’Inferno, quello in cui il poeta incontra gli eretici.

Quello che si prepara a calcare è un palcoscenico che il premio oscar conosce molto bene. E’ stato infatti proprio lì che — ormai 30 anni fa, quando ancora si chiamava festa dell’Unità —, prese in braccio e fece dondolare il serissimo Enrico Berlinguer, all’ora segretario del Pci. Uno dei tanti esilaranti siparietti a cui l’imprevedibile attore ha da sempre abituato il suo pubblico. Ma fu anche la ribalta da cui prese il via un altro fuori programma, questa volta dalle tinte ‘giudiziarie’. Dopo un suo spettacolo nel quale nel mirino della sua satira finirono i 10 comandamenti, venne aperta un’indagine su di lui per bestemmia, turpiloquio e vilipendio (accusa quest’ultima che cadde però quasi subito).

A ricordare quella vicenda è l’avvocato Paola Mescoli Davoli, allora presidente dell’Azione Cattolica reggiana. «Era la festa nazionale dell’Unità del 1983 — ricorda l’avvocato — e Roberto Benigni stava facendo uno spettacolo satirico sui 10 comandamenti. Dopo di lui avrebbe parlato Berlinguer». Sono bastati pochi minuti di sketch a far diventare rovente il telefono di Mescoli Davoli.

«Ho iniziato a ricevere chiamate indignate da diversi iscritti al movimento, che all’epoca erano circa 12mila. Per capire meglio cosa stesse accadendo ho acceso il televisore, che trasmetteva lo show in diretta. Ascoltai per qualche minuto poi decisi di scrivere un comunicato di protesta ai giornali».

Dagli articoli usciti nei giorni successivi, l’allora pretore Umberto Poppi fece partire «un procedimento, che terminò con un’azione da parte dell’autorità giudiziaria per bestemmia e turpiloquio. Benigni inizialmente venne condannato, se non ricordo male, al pagamento di un’ammenda, per poi essere assolto in appello».

Mescoli Davoli confessa però di non aver mai avuto modo di parlare direttamente con il premio oscar fiorentino. «Ci siamo però scambiati diverse opinioni attraverso i legali. L’ho sempre considerato una persona molto intelligente. Peccato per quella caduta di stile, che proprio non si addice ad un uomo della sua cultura». L’avvocato non nasconde la sua stima per il lavoro intellettuale di Benigni. A patto però che non scherzi coi santi.

«Quello che fa su Dante è splendido — commenta —; una recitazione di altissimo livello. Quell’episodio lo considero un incidente di percorso nella carriera di un artista molto preparato». Mescoli Davoli non riuscirà ad essere al Campovolo questa sera. «Ma se lo incontrassi — dice — sono sicura che ricorderemmo quella vicenda e ci rideremmo sopra». E se dovesse ripetersi? L’avvocato non ha dubbi. «Protesterei ancora una volta. Anche se spesso non si avverte, sono tanti i cattolici sensibili su queste tematiche». Un invito — nemmeno troppo implicito— a limitare gli sberleffi ai ‘fanti’.

Federico Malavasi