Reggio Emilia, 29 novembre 2012 - WILHELM KARL Stark non se l’aspettava davvero, 68 anni dopo. Veniva dalla cantina, era sceso a prendere della colla. Ha aperto la porta dell’ascensore al primo piano e se li è trovati davanti, sul pianerottolo: Italo Rovali, 55 anni, presidente dell’Associazione familiari vittime di Cervarolo; Mathias Durfel, 49 anni, ricercatore tedesco trapiantato in Italia; Nico Guidetti, 37 anni, videomaker reggiano; un giornalista di Radio Bavaria. Tutti in attesa di fronte all’appartamento dell’ex sergente caposquadra della micidiale divisione paracadutisti Hermann Goering. E c’erano le vicine di casa, incuriosite da quelle strane presenze: avevano appena dipinto Stark come persona gentile che tutti i giorni fa una lunga passeggiata e a 92 anni guida ancora la macchina. Sì, proprio così. Ignare del fatto che fosse stato condannato all’ergastolo per una strage di guerra.

L’INCONTRO dieci giorni fa tra Rovali (che a Cervarolo perse il nonno, il bisnonno e lo zio ammazzati sull’aia) e Stark (che per il massacro del 1944 è stato dichiarato colpevole dal tribunale militare di Verona, sentenza appena confermata in appello) è stato carico di tensione, anche se rispettoso delle regole di buona educazione. Venti minuti in tutto. Per entrare nel condominio alla periferia di Monaco, i quattro «rompiscatole» - questa la sensazione dominante percepita dai protagonisti del blitz - avevano approfittato dell’apertura della porta da parte di alcuni ragazzi coi quali si erano giustificati precisando di dover recapitare un pacchetto postale al signor Stark. Erano saliti, avevano suonato il campanello e nessuno apriva. Hanno aspettato. Ed eccolo qui, alle tre del pomeriggio, in piena fase digestiva: longilineo, pelle rubizza, occhi azzurro ghiaccio. Prende la parola Durfel. Gli ricorda di Cervarolo, la strage sull’aia. Stark non ha detto sì o no. Ha detto: «Io non c’ero, non so nulla». Non lasciava trasparire emozioni.

MA L’INDIFFERENZA è diventata imbarazzo quando è intervenuto Rovali. Gli ha mostrato pollice, indice e medio: tre. Il numero dei suoi cari uccisi il 20 marzo 1944. Stark è cambiato quando Rovali gli ha detto: «Ho i documenti. Mathias, vai giù a prenderli». Sono passati due minuti, Mathias è risalito e a quel punto Stark ha fatto accomodare tutti in casa e ha chiuso la porta. Meglio che i vicini non sentissero, hanno pensato gli scomodi visitatori. Il dialogo tra Rovali e Stark, con Durfel interprete, è stato come quello di un giudice col suo imputato: un interrogatorio. «Lei apparteneva alla terza compagnia Goering. Era comandante di plotone, inquadrato nel reparto. Lei ha ucciso la mia famiglia». Stark: «Io non c’ero. Ero a un corso per sottufficiale a Casalecchio, poi in convalescenza, poi in vacanza». «Ho i libri matricolari, lei ha dato l’ordine». «No, casomai era il comandante di compagnia a fare questo».

«Conosce il testimone Adolf Wedl, il soldato che ha fatto il suo nome?» «Non lo conosco, io non c’ero». Stark ha fatto due tentativi per far uscire gli intrusi ma tentennava perchè Rovali gli ricordava il massacro di Cervarolo. La terza volta l’ex sergente si è deciso: «Abbiamo finito, vi invito ad andar via. Se avete altre domande, rivolgetevi al mio avvocato». Rovali gli ha consegnato la sentenza: nel lungo processo, Stark non era mai venuto in Italia a sedere sul banco degli imputati. Ma l’accusatore è andato da lui.