Reggio Emilia, 4 marzo 2013 - Tra moglie e marito non mettere il dito. Saggezza popolare che deve valere anche quando il marito si trasforma in moglie. E’ un giudice, non più un proverbio, a stabilirlo. L’interessato è un transessuale brasiliano sposato con una donna reggiana da quasi sei anni. Dopo le nozze l’uomo si è sottoposto a «rettificazione del sesso», ha assunto comportamenti e sembianze di una donna. Per la questura che gli ha negato il rinnovo del permesso di soggiorno supponendo un matrimonio fittizio, il marito-donna dovrebbe tornarsene in Brasile: espulso, il transessuale si è opposto in tribunale. Ora il giudice civile Annamaria Casadonte ha accolto il suo ricorso, riconoscendo il diritto al permesso di soggiorno, e la questura deve adeguarsi.

Ordinanza del 9 febbraio che farà discutere dopo una campagna elettorale in cui si è parlato spesso di nozze gay: se un magistrato stabilisce che un matrimonio tra donna e uomo diventato donna ha diritto di continuare a esistere, perchè mai non dovrebbe essere riconosciuto per legge il matrimonio tra uomini o tra donne? Il giudice ricorda che la Corte Costituzionale tedesca, nel 2008, definì illegittima una norma che imponeva lo scioglimento del matrimonio prima del cambio di sesso. La Società tedesca di ricerca sulla sessualità aveva rilevato che «vi è un ampio ventaglio di orientamenti sessuali tra gli assai eterogenei gruppi di transessuali da uomo a donna. Molti transessuali da uomo a donna sono sposati e hanno spesso anche figli. Sovente hanno provato per anni a soffocare il proprio desiderio transessuale, con grave sofferenza, al fine di non mettere in pericolo il loro matrimonio e la loro famiglia.

In letteratura, ricorda il giudice Casadonte, si riscontra «la non infrequente ipotesi di soggetti che pur identificandosi nel genere opposto mantengano orientamento sessuale nei confronti dello stesso genere opposto; è, cioè, appurato che (...) possano avere in alcuni casi orientamento sessuale diretto nei confronti delle persone appartenenti non al genere da cui provengono ma al genere col quale si identificano»: nel nostro caso, donna (ex uomo) con donna. Nella vicenda reggiana c’erano i requisiti per arrivare a questa decisione: i coniugi si amano e la moglie non ha intenzione di separarsi; il transessuale non ha compiuto la rettifica anagrafica, sulla carta di identità risulta di sesso maschile. Non si può quindi tagliare alla radice dall’esterno il legame affettivo allontanando il transessuale dalla famiglia (con figli).

Giusto che lo Stato «si difenda da matrimoni di convenienza all’unico scopo di usufruire del diritto di libera circolazione e soggiorno», ma ci vogliono garanzie. Ogni ulteriore indagine sui sentimenti dei coniugi e sul menage quotidiano appare poco compatibile con la Costituzione che riconosce «i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio»: bisogna astenersi dal penetrare una sfera privata, rispettando «valori e sentimenti individuali».

d. n.