Reggio Emilia, 26 settembre 2013 - Un ciclone, quello che si è abbattuto ieri sulla Motorizzazione Civile reggiana e sul mondo delle autoscuole e partito da una lettera anonima inviata da dentro gli uffici di via Piemonte. Una ‘talpa’. Sei arresti: quattro persone finite in carcere e due ai domiciliari, per quello che secondo gli inquirenti è un 'sistema' ben rodato, fatto di patenti comprate, collaudi facili e revisioni ‘fantasma’.

Truffa, corruzione e falsità ideologica a vario titolo e in concorso, i reati contestati dalla procura. Il tutto, stando alle accuse, all’interno di un meccanismo fatto di mance, ricompense e buoni pasto usati come merce di scambio. Anche 50 o 100 euro per ogni ‘pratica’ andata a termine; quasi un secondo stipendio.


Sono sei gli arresti (decine gli indagati), arrivati al termine di un anno di indagini e intercettazioni ambientali e telefoniche della polizia stradale. In carcere sono finiti tre funzionari storici della Motorizzazione Civile (Ivan Savazza, Antonino Barone e Pietro Veneruso) e il titolare di una nota officina meccanica di Cavriago (Pietropaolo Tamelli). Ai domiciliari, invece, due rappresentanti di note e importanti scuole guida della città: Edoardo Gatti, 75 anni, legale rappresentante dell’omonima autoscuola, e Roberto Bigi, 48 anni, della Cooperativa Autoscuole Reggiane.


I reati contestati nell’operazione Easy service — portata avanti dal vice questore aggiunto Antonio Colantuono e coordinata dal procuratore capo Giorgio Grandinetti — sarebbero maturati durante esami di guida, oltre che nelle attività di collaudo e revisioni di veicoli.


Una mattinata frenetica, quella di ieri, quando gli agenti della Stradale si sono presentati in via Piemonte, nella sede della Motorizzazione, per sequestrare carte e computer, nello stupore generale.
I tre importanti funzionari (un’altra donna è indagata) sono poi stati accompagnati in cella, su ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip Angela Baraldi. I due titolari di autoscuole, invece, sono stati raggiunti direttamente a casa.


Un’inchiesta che si profila come un terremoto nel tessuto sociale della città e di cui ancora non si conoscono i contorni. Si tratterebbe infatti di un 'sistema' consolidato nel tempo e che coinvolge numerose figure anche imprenditoriali di tutta la provincia. Numerosi gli indagati, mentre gli investigatori si stringono nel massimo riserbo. Gli accertamenti, infatti, sono ancora in corso per ripercorrere l’intero giro di affari.


Nelle ricostruzioni degli investigatori, i dipendenti pubblici facevano figurare di aver fatto controlli sui mezzi pesanti direttamente nelle imprese di autotrasporto, ricevendo l’indennità di trasferta dalla Motorizzazione, senza mai essersi mossi da casa. Oppure gonfiando il chilometraggio. O, peggio, avrebbero svolto accertamenti superficiali o addirittura inesistenti. I camion, quindi, passavano la revisione o il collaudo per la messa in strada senza un’adeguata verifica; bastava che l’autotrasportatore pagasse. In altri casi, venivano chiesti favori per avere ‘patenti facili’. Gli esami di pratica non duravano neanche dieci minuti.


In particolare, all’interno della grande 'truffa', ci sarebbero stati anche ruoli ben definiti. Un puzzle ricostruito dalgi investigatori attraverso intercettazioni (telefoniche e ambientali), appostamenti e controlli.
Ma ecco le contestazioni: Pietro Veneruso, addetto al collaudo mezzi per la Motorizzazione, stando alle accuse, ma non li avrebbe fatti in modo accurato. Poi avrebbe consegnato le carte a Ivan Savazza che, senza ulteriori controlli, procedeva con le omologazioni (entrambi sono difesi dall’avvocato Alessandro Conti).


Ma per fare molti collaudi, bisogna anche andare nelle aziende: queste trasferte hanno un costo e loro, stando alle ricostruzioni, gonfiavano le indennità oppure le ‘inventavano’, non essendo mai andati sul posto. Il tutto a carico dei cittadini.


Antonino Barone (assistito da Ernesto D’Andrea), invece, era l’addetto agli esami per la patente; test di guida che, secondo gli inquirenti, venivano però eseguiti ‘all’acqua di rose’, mentre lui chiudeva un occhio. Tutto questo, nell’ordinanza di custodia cautelare, in contatto con le autoscuole e in cambio di denaro.

 

Benedetta Salsi