Reggio Emilia, 23 marzo 2014 - Maria, 50 anni, a 48 la diagnosi, si racconta.

Mi hanno tolto una parte di me. Mi sento fredda, incapace di ogni emozione. E' un po’ come dirmi, e dire agli altri, “statemi lontano”. Muro. Questo letto non è il mio, il mio è accogliente, quando la sera mi inondo sotto le lenzuola sento pace: mi sento 'a casa'. Il dolore fisico toglie il fiato, mi sento amputata, con troppa facilità ti dicono 'togliamo tutto', mastectomia totale. Mi sento con le spalle al muro, lo sento negli sguardi che trovo e che incontro, non voglio compassione, ho paura.

Si avvicina mia figlia , è bellissima! I suoi occhi sorridono un po’ preoccupati... le sorrido. Ricordo perfettamente la sera che ho concepito le mie figlie e sento un’emozione particolare quando ripenso che sono cresciute dentro di me. Il giorno dopo non aspettai, nonostante lo schifo dell’anestesia che mi sentivo dentro, che qualcuno mi vestisse. Potevo farlo da sola.

Ho finalmente vomitato questo posto, ho vomitato le voci, i discorsi e la vita degli altri, questo odore di etere e medicine che sento dentro il mio corpo. Ho vomitato le presenze costanti della mia vita. Non ho lacrime, non le sento, voglio tornare nel mio letto, nella mia pace, ho voglia di staccare da tutto e da tutti e di coccolarmi dentro da sola, con le mie lacrime. Non ditemi che sono egoista, che non capisco voi che mi state vicino e che mi amate. Questa volta non posso condividere sofferenza e paura , perché sono troppo fragile, ho solo bisogno di me, della mia forza, altrimenti cado.

Sono passati due mesi, ho un vuoto in me che è difficile da accettare, ma amo questo corpo e finalmente sento pace; quello che mi rattrista e mi crea malinconia è che non sento più i battiti del mio cuore: ma tutto si scioglie dolcemente e la rabbia si sta trasformando in una Maria finalmente più leggera, più vera. Ho ricominciato perfino a saltare sul letto come quando ero bambina, è fantastico! Ricordo con estrema dolcezza quella mattina di novembre prima di entrare in ospedale, dovevo assolutamente salutare quella parte di me che non avrei mai più toccato e sentito.

Ho unito tutte le parti del mio corpo, ho unito l’anima a loro e abbiamo salutato quel pezzo di noi amandolo. Abbiamo fatto l’amore insieme, sentendo calore e abbandono, ci siamo commossi e abbiamo pianto ripercorrendo le carezze ricevute in un pezzo di vita. A volte sento che quando c’era non l’ho mai amato nel modo giusto. Sono passati due anni e stiamo bene con il nostro espansore dentro. Da un mese abbiamo un seno nuovo e più morbido e abbiamo imparato a sentire i battiti del cuore. Ho cominciato ad amare il mio corpo con consapevolezza, sensualità e meraviglia soltanto dopo questa avventura.