Villa Minozzo (Reggio Emilia), 20 aprile 2014 - Rivedere, dopo 69 anni, la persona che vi ha salvato (foto). Lui è Gino Bavagnoli, classe ’24, originario di Gravellona Toce (Verbania), partigiano rimasto ferito nel ’45 a Coriano (Villa Minozzo), ora residente a Milano. Lei, la sua salvatrice, è Dina Reglioni, classe ’30, originaria di Coriano e proprietaria del bar trattoria Dina, nel centro di Villa. L’architetto Federico Venturi, cliente di Dina, sente la storia di Gino e si impegna alla sua ricerca. Finchè una quindicina di giorni fa annuncia a Dina di averlo trovato. E subito Dina lo contatta.

«L’ho invitato qua a pranzo – racconta Dina –. Come l’ho visto, mi sono messa a piangere. Mi ha fatto ricordare i miei genitori. È venuto con la moglie Rita Rossi e due dei loro tre figli. Gli ho cucinato le mie specialità. Sono rimasti molto contenti». «Sono venuto a trovare la mia salvatrice – sottolinea l’ex partigiano –. È anche merito suo se sono vivo. Tutta la mia famiglia ci teneva molto. È stato molto emozionante. C’erano anche molti giovani interessati alla nostra storia».

All’epoca Dina era una ragazzina di poco più di 14 anni. «L’avevano trovato i miei fratelli e mio papà – racconta lei –, era stato ferito al femore con una pallottola, non riusciva a camminare. Dopo averlo portato giù al paese con una scala, l’avevano nascosto nella baracca di Maria Stefani, detta la ‘Berula’. Gli ho portato da mangiare tutto il tempo che è rimasto lì». «Gli abitanti del posto, un po’ perplessi e impauriti – aggiunge Gino –, mi hanno tenuto nascosto una trentina di giorni e mi portavano da mangiare, come Dina. A volte sentivo le voci dei tedeschi lì vicino, sono stato fortunato a non essere scoperto».

Era l’inverno del’45, l’Appennino coperto da una coltre di neve. «Non avevamo fatto il sentiero – precisa Dina –, si bucava le neve e poi si cancellavano le tracce. La mamma si raccomandava di non dare confidenza». Dopo quel mese, Gino viene portato in infermeria e infine può ripartire per casa. Dopo il 25 aprile, riconsegna la pistola. Sposerà Rita nel ’59. Dina si sposa nel ’53 con Mario Zoccolani, di Santonio, da cui avrà due figli, William e Angelo. Si trasferiscono subito a Frameries, Mons (Belgio). Il marito lavora in miniera. «Stavo bene in Belgio – sottolinea la ristoratrice –. Dopo pochi mesi sapevo già parlare francese. Avevo quattro pensionati in casa e facevo la cassiera in un cinema. Mi volevano tutti bene».

Dopo tre anni Dina torna a Villa, il marito la seguirà dopo due. «Quando sono tornata – rivela la donna –, mia mamma mi ha raccontato che quel partigiano mi aveva cercata, perché mi avrebbe sposata. Era un bel ragazzo, con un bel carattere, diverso dai montanari». Dina si mette a seminare pini nelle future pinete comunali, poi, per un anno, prende in affitto un bar con alimentari, per 15 anni alleva galline. Finché, 38 anni fa, apre il suo locale. In tutti questi anni Dina e Gino non si sono visti né sentiti. Fino al 6 aprile scorso, tra tante emozioni e ricordi: «Ho visto quando fu preso Don Pasquino Borghi– ricorda Dina –,. Una delle mie sorelle, Dimante, fu imprigionata a Reggio per alcuni mesi. Eppure c’era più fratellanza, tutti si aiutavano».

Giuliana Sciaboni