Reggio Emilia, 20 aprile 2014 - «La direzione dei Ds di Reggio Emilia in realtà non mi voleva. Votarono contro di me in 145 su 146… (Ero) un intruso. Ma passò la linea dei vertici nazionali: era un’operazione che investiva sul futuro».

Graziano Delrio, 54 anni tra una settimana, ora sottosegretario alla presidenza del consiglio, racconta come andarono le cose a Reggio nel 2004, quando venne eletto sindaco per la prima volta. Delrio racconta di sé, della sua città, della famiglia e della sua storia politica in un’intervista a Vittorio Zincone, sul settimanale Sette del Corriere della Sera.

Che la scelta di Delrio a primo cittadino fosse stata mal digerita a Reggio è noto. Ma che a raccontarlo sia Delrio in persona colpisce.

Facciamo un salto indietro di quattro anni. Duemila, quando entrò in consiglio regionale, il più votato dai popolari. Racconta: «Accettai la proposta di Pierluigi Castagnetti di candidarmi solo perché mi ero preso due settimane di ferie dopo una brutta delusione… C’era un concorso per una cattedra. Tutti davano per scontato che fossi il candidato ideale. Ma alla fine… prevalse il sistema italico delle raccomandazioni e venni scavalcato».

La carriera accademica - è medico endocrinologo - era stata troncata, e cominciò quella politica che lo ha portato a essere una cosa sola con Matteo Renzi. Tanto uniti che oggi, sul display del cellulare di Delrio il premier è memorizzato con la scritta “Mosè”, la guida - dice Delrio - che «porta il suo popolo fuori da una condizione opprimente e allo stesso tempo rassicurante: l’Egitto da cui gli italiani devono uscire è la loro forma mentis, pensare di trovare un posto solo se si ha un patrino politico».

Mentre sul display del telefonino di Renzi Delrio è indicato come “Ietro”, il suocero di Mosè, «quello che gli fa notare che non può fare tutto da solo. Ietro è saggio e distaccato dal potere, osserva Mosè e il suo carico di responsabilità e gli dice: ‘Da solo non ce la puoi fare. Cerca qualcuno di cui ti fidi e delega’».

Di Annamaria Grassi, che ha sposato 31 anni fa e gli ha dato nove figli, assicura: «Diventa sempre più bella… Il segreto per una convivenza affollata e vivibile è lei. Fa sentire tutti importanti. Un gruppo di individui responsabili». Già, i figli. Recita la loro formazione: «Emanuele, Elisabetta, Luca… Sara, Michele, Benedetta… Maria Chiara, Teresa, Giovanni. Le date di nascita le so, ma non me le chieda, perché potrei confondermi».

Con loro gioca a calcio in cortile, nella casa di Canali, «Giovanni, il più piccolo, promette bene» mentre il ruolo di arbitro tocca a «Michele, un po’ negato nel gioco, ha una grande personalità. Ed è un militante renziano della primissima ora». E gli altri? «Mi sostengono tutti. Ma una delle ragazze mi ha detto che le sta simpatico Casini. E il più grande guarda alla sinistra del Pd».

Una delle figlie «si è appena sposata, Emanuele si è trasferito a Milano… ora fa il fotografo». Le figlie «sanno tutte stirare. Hanno turni settimanali perché ci sono montagne di biancheria. Si alternano anche in cucina. E tutti badano all’ordine e alla pulizia delle loro camere. I maschi sono più indisciplinati. Michele provvede a prendere l’acqua dalla fontana pubblica». Delrio rivela che i regali sono morigerati, pochissime cene fuori «e gran riciclo di vestiti con qualche aiuto da parte del vicinato».

Del suo passato l’ex sindaco dice che distribuiva l’Unità, «come tutti», e che una giovane professoressa delle medie, Luisa, lo introdusse al piacere della lettura «e, con il Vangelo, alla sensibilità cristiana». «Sono solo un modesto cristiano» aggiunge.

Matrimoni gay? «Sono contrario a usare la parola matrimonio ma sono favorevole alle unioni civili alla tedesca». Approvarle «sarebbe un segno di grande civiltà».

m. s.