Scandiano (Reggio Emilia), 19 aprile 2014 - UN TUMORE alla gola. Un male tornato a tormentare il capofamiglia di un nucleo già in ginocchio a causa della tossicodipendenza del figlio maggiore, Andrea, 35 anni, passato da diverse comunità di recupero senza mai riuscire a vedere la luce. Questo, secondo gli inquirenti, potrebbe essere il possibile movente: la disperazione capace di armare la mano di un padre contro un figlio, nel gesto più innaturale che esista.

Ma la preoccupazione di Enrico Degani, 66 anni, sarebbe stata proprio questa: non lasciare il figlio (e la moglie) nella sofferenza dopo la sua morte. Lui, che tra pochi giorni avrebbe dovuto cominciare un nuovo ciclo di chemioterapia. E così il padre ha trovato la forza di premere quel grilletto, giovedì sera. Ha detto alla moglie Clara Tirelli (nipote del grande caricaturista Umberto e figlia di Mario, dottore del paese) che andava a trovare il figlio in ospedale per parlargli del percorso di recupero dalla tossicodipendenza che stava facendo in una comunità e che aveva interrotto bruscamente. Ma le sue intenzioni erano diverse: in tasca aveva la pistola.

UNA FAMIGLIA completamente segnata dalla droga, la loro. Ma mamma Clara Tirelli, papà Enrico e Stafano (il loro figlio minore) non avevano mai abbandonato quel figlio tanto amato. Nemmeno nelle disavventure.
Nemmeno quando Andrea, due anni fa, era stato arrestato dai carabinieri con l’accusa di furto aggravato e tentato indebito utilizzo di carta bancomat. Era stato trovato con una carta d’identità appena rubata a una dipendente di un bar di Correggio; mentre lui tentava di prelevare al bancomat al relativo bancomat. Per quel reato (difeso dall’avvocato Samuele Padula) era finito alla sbarra, in tribunale, e aveva patteggiato con un inserimento in comunità come pena. «Ma ne passava una dopo l’altra, faceva molta fatica», racconta chi lo conosceva bene. Roma, Valle D’Aosta, San Patrignano. «La sua dipendenza era molto grave. E ne era conscio: cercava in tutti i modi di saltarci fuori, ma faceva molta fatica».

TRA LUI e i genitori, però, c’era un rapporto strettissimo, di massimo rispetto. «Tragedia della disperazione». Non si spiega altrimenti. «La loro era «una famiglia molto unita, la mamma stravedeva per il figlio, il padre lo stesso. Soffrivano tanto, per questo ragazzo — spiega un amico di famiglia —. I genitori di Andrea erano grandi persone, molto sensibili, perbene, educate. Quasi d’altri tempi. Ho un ricordo bellissimo di loro. Come di persone molto a posto. E quello che è accaduto può soltanto essere conseguenza di quel dolore che c’era in questa famiglia. Niente altro. Non ferite, non tensioni. Solo impotenza. L’impotenza di salvare questo ragazzo».

Benedetta Salsi