Reggio Emilia, 27 giugno 2014 - Una piccola anima volata in cielo e una mamma ridotta in fin di vita a lottare in un letto d’ospedale. Erano le 22 di mercoledì quando Salvatore Amato, 5 anni, è stato investito sulle strisce pedonali (FOTO) da una Ford Fiesta grigia condotta da una 25enne di origini albanesi in via Togliatti a Rubiera. Travolto fatalmente sulla strada assieme alla madre Sandra Bonacini, 42 anni, ora in coma indotto nel reparto di rianimazione del Santa Maria Nuova di Reggio.

Coinvolta nell’incidente anche la sorella Chiara, 19 anni; non è in pericolo di vita, ma si trova in uno stato di forte choc ricoverata in medicina d’urgenza. Tutti insieme stavano attraversando la strada per andare a riempire bottiglie d’acqua al distributore pubblico. Poi lo schianto. La giovane conducente non si sarebbe accorta della presenza dei tre pedoni. Sulla dinamica stanno lavorando i carabinieri della stazione di Rubiera, collocata a una manciata di metri dal drammatico teatro. Sul posto sono arrivate tre ambulanze e due automediche. Ma per Salvatore non c’era più niente da fare

«Il mio piccolo non c’è più. Non c’è più. Mia moglie è in coma, non so neppure se campa o muore. Mi hanno distrutto la famiglia. Il colpevole deve pagare col carcere...». Il cuore ridotto a brandelli e una rabbia urlata al cielo. Papà Giuseppe Amato, 47 anni, non riesce nemmeno a piangere, come se le lacrime si fossero ghiacciate. Gli tremano le mani quando è appena uscito dalla stanza della figlia Chiara. «Ora sto dormendo, sta un po’ meglio ma è molto provata. Sandra invece...».

Scuote la testa e mostra poco ottimismo. Una parola che dopo una tragedia simile perde qualsiasi valore.
«Sandra — spiega con un accento siciliano marcato — sta malissimo. Stanotte (ieri notte, ndr) l’hanno operata. È durata un’infinità. Ha il bacino fratturato e aveva un taglio profondo dietro alla testa. Si trova in coma e non si sa ce le farà. La prognosi è riservata, vediamo come starà domani. Mah...».
Giuseppe mercoledì sera si è precipitato sul posto dopo essere stata chiamata dalla figlia Chiara.
Neanche il tempo di arrivare e di capire che il figlio fosse morto, che ha dovuto correre in ospedale assieme alla moglie, a lottare per la vita con lei.
Ma ieri, ha voluto andare a salutare Salvatore per l’ultima volta all’obitorio di Coviolo.
«Mamma mia — sospira — Lo hanno ridotto miseramente. Era graffiato su tutto il corpo, aveva gli occhi aperti e le mani racchiuse in un pugno. Vi sembra una fine giusta per un bambino di 5 anni?».

Si siede e scorre le tantissime foto del suo Salvatore che ha sul telefonino. Le guarda assieme ai familiari che si stringono attorno. «Guarda che bello che era, che sorriso. Non si può, non si può...». Lo chiamavano ‘Pallino’. Un soprannome coniato da una vicina di casa. «Sì, gli piaceva mangiare — raccontano i cugini attorno — Era un bambino bellissimo, con due guanciottine che ispiravano simpatia solo a guardarle. Gli piaceva guardare le partite della Juventus, aveva anche una maglia bianconera a cui era molto affezionato».

Giuseppe poi ripensa all’incidente. E chiede venga fatta giustizia con un forte sfogo. «È normale andare così forte secondo voi su una strada del genere? Mi hanno detto che non ci sono segni di frenata della macchina che era a parecchi metri dalle strisce. Come caspita è possibile che non li abbia visti? Ieri sera per fortuna del conducente che non ho ancora capito se sia un maschio o una femmina (in realtà si tratta di una giovane 25enne, ndr) che avevano già portato via, altrimenti se me la trovavo davanti non so cosa sarebbe successo...». Poi rincara la dose: «Ora è il momento di pensare a Sandra e Chiara, ma poi sarà il momento di chiedere giustizia. Chi mi ha distrutto la famiglia deve pagare con la galera».

Daniele Petrone