Reggio Emilia, 29 maggio 2013 - TRE NOTIZIE. Francesco Guccini è un tipino preciso. «Io mi sono ritirato - ricorda prima di tutto a se stesso -, ma non potevo lasciare la mia storica band senza lavoro». Le pause sono essenziali. «Quindi i miei muscisti porteranno dalla prossima estate il mio album, “L’ultima Thule” e altre canzoni in tour». Come una cover band d’autore, dei vangeli apocrifi, la memoria suonata. Non fidandosi dei giovani cronisti, snocciola nomi leggendari: Juan Carlos “Flaco” Biondini, chitarre, Vince Tempera, piano, Antonio Marangolo, sax, percussioni, tastiere, Pierluigi Mingotti, basso, Gigi Cavalli Cocchi (ex Liga Band), batteria. «Canterà Danilo Sacco». E il cordone ombelicale con i Nomadi, per cui ha scritto con Flaco «Nomadi», si chiude. Mentre lui benedice, come certi papi medievali, dal cocuzzolo (da lontano).
 

«Debutterannno il 23 giugno a Macerata, per la serata finale di Musicultura e io sarò sul palco. Li presento perché hanno deciso di avere solo i nomi e cognomi. Io non canto, lo farò più solo fra amici. Il 14 giugno, la data di nascita del Che Guevara, compio 73 anni: ho detto basta e basta sarà». Sorride fragorosamente. Di “Nomadi”, per i 50 anni della band, si intuisce il gioco semantico e linguistico fra popoli erranti e gruppi viaggianti. Manca una notizia. Ridacchia silenziosamente. «Produco un album sulla mia etichetta VIAPAOLOFABBRI43 (distribuita Universal): gli Arangara (in dialetto calabrese “albero delle arance”). Il colonnello dei carabinieri Gianfranco Riccelli, che canta e suona la chitarra battente, è venuto a trovarmi e mi ha fatto ascoltare canzoni calabresi e riletture di Claudio Lolli, Gianfranco Manfredi e Carlo Lucarelli». Gli piacciono “Grazia in punta di piedi”, che dà titolo all’album e “C’era la luna a Portopalo”. Debuttano il 27 al Portico dei Servi di Bologna.

RICORDA che Pavana è già Toscana, «per via di diritti medievali, appena si passa il ponte. Ci passo tempo, lentamente. Scrivo il secondo giallo con Macchiavelli (il colonello dei carabinieri non c’entra, il protagonista è sempre l’ispettore della forestale). E’ stato tradotto anche in olandese e siamo andati a presentarlo ad Amsterdam. Sto lavorando anche al secondo Dizionario delle Cose Perdute. Quel che mi prende un’ora al giorno massimo (ride di gusto)».

VITA DI TRATTORIA. «Devo fare due passi e scendere a I due ponti, lo dice la parola stessa, detta anche “caciosteria” per la stratosferica selezione di formaggi e un pecorino a latte crudo delle montagne pistoiesi che è presidio Slow Food. Abbiamo poi un macellaio che alleva maiali di Cinta Senese bradi e confeziona salumi che poi esporta in tutta Europa e in Giappone (ma anche mucche, conigli, pollame). Qui è anche il regno dei funghi e dei tartufi bianchi, se piove, la cultura della castagna invece è scomparsa. Erano foreste che sembravano giardini, un verde e intenso tappeto di biliardo. Adesso sono quasi tutte malate per il mal cinese e straziano il paesaggio». Non si sta poi troppo male qui «e si può sempre scendere a Porretta». Penso al film di Pupi Avati, “Una gita scolastica”, ne rivedo i colori, sento i profumi della polenta di castagne, che sopravvive a Pontremoli. Ritornano canzoni di Francesco fra la consorteria anni ’70 del Premio Tenco a Sanremo. Davanti a un rosso che sprofonda.

Marco Mangiarotti