{{IMG_SX}}Rimini, 16 ottobre 2008 - Starebbero toccando il fondo. Della truffa e del falso: nel pianeta barche da diporto e sicurezza in mare. Che sarebbe pesantemente a rischio. Queste le accuse che sono il perno d’una nuova e clamorosa indagine del nucleo operativo e settore sicurezza navigazione della Capitaneria di porto. Stavolta, nel mirino degli investigatori, sono finite le presunte irregolari dichiarazioni di conformità Ce delle imbarcazioni.

 

Il fascicolo, che è uno stralcio dell’operazione approdata ai quattro arresti dei giorni scorsi, è un salto di qualità rispetto al precedente. Dalle false certificazioni sulle barche la lente d’ingrandimento degli uomini della Capitaneria si sposta sui prototipi delle unità da diporto. Quelle su cui s’appone la marcatura Ce. Che poi s’estende alla produzione in serie. Se la marcatura è irregolare sul prototipo della barca, ma riceve l’ok, il peccato originale si ripete sui modelli. E allora prendono il largo imbarcazioni che non hanno i requisiti. Conseguenze: la sicurezza è in alto mare, le regole vanno a farsi benedire e i diportisti rischiano di brutto sulla propria pelle. L’indagine, coordinata dal sostituto procuratore della Repubblica, Luca Bertuzzi, va quindi a scandagliare gli oscuri fondali delle certificazioni. Con i loro corollari di irregolarità. In pratica, secondo gli investigatori, non verrebbero osservate le regole imposte dal decreto 175 del 2003 del Ministero dei trasporti e della navigazione.

 

Secondo l’accusa, le certificazioni, che dovrebbero essere firmate da ingegneri navali, sono invece passate sotto la penna di ingegneri civili. Un cosiddetto "vizio formale". Che dalla radice (il prototipo) si estende alla produzione in serie di imbarcazioni. Una catena di Sant’Antonio di irregolarità su strumentazioni di bordo, impianti antincendio e serbatoi. Insomma: dalla struttura della barca agli apparati di sicurezza. Gli ingegneri, o comunque chi è addetto alla marcatura Ce delle barche, sono dipendenti di istituti autorizzati dal Ministero dei trasporti e della navigazione. E ora, agli indirizzi di quegli istituti, tra cui qualcuno stranoto, potrebbero partire avvisi di garanzia con accuse che oscillano tra il falso, il falso ideologico, la truffa e l’attentato alla sicurezza dei trasporti.

 

Un pasticciaccio brutto che potrebbe trascinare a fondo anche le imbarcazioni con marcatura Ce irregolare, derivante da un prototipo 'sbagliato'. Tradotto in parole povere: centinaia di sequestri di barche che, a causa delle marcature 'facili', rischiano in sicurezza. E non solo. Il fatto è che quelle barche potrebbero essere da parecchio già in mare. Con danno per centinaia e centinaia di proprietari. Ma i presunti 'giochini' sulle marcature dei prototipi delle barche sfiorerebbero l’assurdo.

 

Su alcune pratiche per la marcatura Ce, non verrebbe verificata neppure la galleggiabilità. Come dire: una barca che non è una barca. E alla quale, invece, viene dato l’'ok'. Un 'ok' che si ripete nel resto della produzione. A danno di centinaia di ignari diportisti. Quelle sviste, o mancanze, secondo le accuse, potrebbero derivare dall’imperizia degli accertatori. Che sarebbero ingegneri civili e non navali, come prevede il decreto. E che, in certi casi, sempre secondo l’accusa, sarebbero tecnici senza i requisiti richiesti dalla legge. Un’altra direzione d’indagine toccherebbe le visite post costruzione: barche che vengono costruite fuori dall’Unione Europea e poi sottoposte alla supervisione dell’Istituto autorizzato dal Ministero ad apporre il marchio Ce.

 

Anche qui gli investigatori vorrebbero vederci chiaro. Nella marcatura del prototipo verrebbero spesso sottovalutati elementi fondamentali. L’indagine sta prendendo il largo. E potrebbe presto estendersi a macchia d’olio in altre regioni del Bel Paese. All’orizzonte si scorgono avvisi di garanzia, centinaia di sequestri di imbarcazioni di produzione in serie con marcatura Ce irregolare e provvedimenti amministrativi del Ministero dei trasporti e della navigazione. L’inchiesta giudiziaria, poi, potrebbe imboccare vie che porterebbero su altri lidi. Molto più in vista. E, forse, molto più alti. L’indagine viaggia col vento in poppa.