{{IMG_SX}}Rimini, 16 febbraio 2009 - Cosi’ presi dalla rete, così stregati da quella nuova ‘piazza’ virtuale che è Facebook, che si dimenticano di studiare, di mangiare, di lavorare. Internet nutre non solo la curiosità, ma sembra saziare anche quella parte arcana del nostro cervello che riceve stimoli di piacere e soddisfazione. Ecco allora che il tempo trascorso all’interno della rete e del nuovo social network si allunga sempre di più. Fino a quando qualcuno non lancia l’allarme: mio figlio sta ora davanti al computer, mio marito si è dimenticato di andare a prendere il bambino a scuola, la mia fidanzata commercialista lavora sempre meno e ‘chatta’ sempre di più.

 

Sono soprattutto i genitori, preoccupati per i loro figli, a lanciare l’allarme e a chiedere un consiglio all’Unità operativa Dipendenze patologiche dell’Ausl di Rimini. Sì, perché anche la rete crea a tal punto dipendenza che la patologia ha un nome e gli studiosi l’hanno già classificata 'Internet addiction disorder'. "Sono diversi i genitori che chiamano non senza preoccupazione — afferma Daniela Casalboni, direttore dell’Unità operativa — perché i loro figli stanno passano troppo tempo nella rete e anche Facebook fa parte di questo nuovo fenomeno. E’ comunque molto difficile per una persona avere la consapevolezza che sta diventando dipendente dalla rete. Sempre che non sia possibile, invece i meccanismo sono i medesimi che provocano tutte le altre dipendenze".

 

Casalboni spiega quali sono le caratteristiche di questo nuovo, irresistibile, bisogno di ‘connessione’.
"In queste persone, sia che si tratti di giovani che di adulti, c’è la necessità di trascorrere un tempo sempre maggiore nella rete, questo perché — prosegue — c’è la soddisfazione di tutti quei bisogni che stanno alla base del piacere e che risiedono nel lobo limbico e nell’area del talamo".

 


Da qui deriva tutta un’altra serie di atteggiamenti che delinea con sempre maggior chiarezza la dipendenza: "C’è la perdita di interesse per le attività che non siano legate a Internet e quando non si è collegati si presenta la sindrome da astinenza — chiarisce il medico —: ansia, depressione, sudorazione, paura perché non si sa che cosa sta succedendo in quel momento sul network mentre non si è collegati". Allora si va davanti al computer e si ritorna sulla ‘piazza’.

 

"Il problema è che i tempi di permanenza diventano sempre più lunghi — sottolinea Casalboni —: c’è la forte difficoltà a tenere sotto controllo il bisogno, non ce la fanno più a staccare e non riescono più a fare niente altro che non sia collegato alla rete. A questo punto rischiano di andarci di mezzo veramente tutte quelle cose che fanno parte del mondo reale come lavoro, figli, famiglia. Nonostante qualche volta si affacci questa consapevolezza, vanno avanti ugualmente". I sintomi della dipendenza a questo punto ci sono tutti: l’analogia con chi fa uso di droghe o alcol è impressionante.

 


"Alla base di tutto ciò — conclude il direttore — c’è un soggetto che ha sicuramente delle difficoltà a stabilire rapporti, ma anche qualcuno che ha trovato forti stimoli al piacere". Il fenomeno legato a Facebook, nel giro di pochi mesi, ha assunto proporzioni gigantesche: in Italia prima dell’estate gli utenti erano circa 500 mila, l’attuale stima parla di almeno sei milioni e mezzo".