Rimini, 14 dicembre 2010 - Ci sono anche quattro finanzieri tra le sei persone state arrestate tra ieri e oggi nell’ambito dell’inchiesta sulla “Rimini yacht”, la societa’ dell’armatore bolognese Giulio Lolli (irreperibile da mesi) finita in crac nei mesi scorsi dopo l’apertura di una prima inchiesta a Rimini per appropriazione indebita e truffa (il 17 maggio fu denunciato il furto di uno yacht da cinque milioni di euro) e di una seconda inchiesta a Bologna, dove si profilo’ il versante della corruzione di alcuni militari delle Fiamme gialle.

Le due Procure procedono in coordinamento tra loro e nel frattempo, nei mesi scorsi, poi, il Tribunale di Bologna ha dichiarato il fallimento della Rimini yacht. Gli arresti di oggi sono stati eseguiti sulla base di un’ordinanza firmata dal gip Pasquale Gianniti su richiesta del pm Antonella Scandellari: le ordinanze erano in realta’ sette, ma il settimo e’ proprio Lolli tuttora latitante. Per lui il gip Gianniti aveva disposto il carcere, mentre gli altri sei sono finiti agli arresti domiciliari. Ci sono poi altre quattro persone indagate a piede libero.

In manette sono finiti il ragioniere Alberto Carati e il commercialista ferrarese Giorgio Baruffa (consulenti della “Rimini yacht”) e quattro militari delle Fiamme gialle di Bologna che nel 2009 svolsero una verifica fiscale sulla societa’. Sono i tenenti colonnello Enzo Di Giovanni e Massimiliano Parpiglia e due marescialli loro sottoposti. Secondo l’ipotesi degli inquirenti, la verifica fiscale non solo fu pilotata, ma fu uno stratagemma escogitato da Lolli con la mediazione dell’ex generale della Gdf Angelo Cardile (che si e’ suicidato l’1 luglio durante una perquisizione per questa vicenda): una verifica positiva sarebbe stata infatti equivalente a una certificazione di una situazione finanziaria buona, quando in realta’ la societa’ era in dissesto.