Rimini, 18 gennaio 2011 - In molti avrebbero pagato per assistere alla fine di Giulio Lolli. Il presidente della Rimini Yacht è stato fermato sabato scorso dalla polizia libica, mentre passeggiava in una strada di Tripoli. Il giorno dopo hanno formalizzato il suo arresto, grazie a una ‘operazione di cortesia internazionale’ (non c’è trattato di estradizione tra Italia e Libia), coordinata dal prefetto Rodolfo Ronconi, del ministero dell’Interno, e per cui si è mosso lo stesso procuratore generale antimafia, Piero Grasso. Lolli, colpito da un mandato di cattura internazionale per una sfilza di reati che vanno dall’associazione a delinquere fino al riciclaggio, ha chiuso così una latitanza durata mesi che, raccontano, avrebbe trascorso scorrazzando per il Mediterraneo su uno degli yacht che aveva fatto ‘sparire’.

Ancora una volta a tradirlo è stato quel denaro che da imprenditore di successo l’aveva trasformato in un ladro. Nessuno è ancora riuscire a quantificare quanto contenesse la ‘cassa’ che Lolli si era portato via, dopo avere venduto gli stessi yacht ad armatori diversi, truffando decine di compagnie di leasing. Era sparito alla fine di maggio, lasciando nella bufera soci, dipendenti e famiglia, e interrompendo ogni comunicazione. Carabinieri di via Destra del Porto e Capitaneria di Rimini, coordinati dal sostituto procuratore Davide Ercolani, avevano sequestrato decine di imbarcazioni milionarie nei porti di mezza Penisola.

Poi, qualche mese fa, erano riusciti a mettere le mani su uno dei conti svizzeri di Lolli, quasi 700mila euro. Così, quando nell’ottobre scorso alla magistratura elvetica era stato segnalato uno strano movimento di denaro legato a Lolli, questa aveva subito allertato i colleghi italiani. Quei soldi, avevano scoperto, erano stati accreditati su una banca di Tabarka, una località turistica in Tunisia. Quattrini destinati al ‘pirata’ bolognese, e una traccia decisiva per gli inquirenti che avevano seguito la scia dei soldi fino a Tripoli, dove Lolli sembrava essere sbarcato a novembre. Avuta la certezza che si trovava lì, non restava che andarlo a prendere. Tutt’altro che facile, visto che tra Italia e Libia non c’è alcun trattato di estradizione. Ci sono però rapporti di ‘buon vicinato’, soprattutto dopo l’inaugurazione della strategia congiunta contro l’immigrazione clandestina che vede collaborare le due polizie. Ros, Interpol e ambasciata a Tripoli si sono attivati subito, e la Libia ha accettato di eseguire quel mandato di cattura emesso dalla magistratura riminese.

Il cerchio si è chiuso sabato, quando Lolli è stato avvistato in una strada di Tripoli. Se fosse solo o in compagnia non si sa, la polizia libica l’ha portato in caserma, dove il giorno dopo ha formalizzato l’arresto provvisorio, a cui seguirà la richiesta di ‘consegna’ da parte dell’Italia. Ci potrebbe volere quasi un mese perchè Lolli rimetta piede sul suolo italiano, e non è escluso che Ercolani decida di recarsi personalmente in Libia per interrogarlo. Su come e con chi ha trascorso i mesi di latitanza, durante i quali non ha mai nemmeno chiamato la famiglia (moglie e due figli che vivono a Bertinoro), si possono solo fare supposizioni. Sembra che si sia mosso soprattutto nei paesi arabi, quali Marocco e Tunisia, dove forse poteva contare su amici e contatti, stretti quando era ancora il presidente della Rimini Yacht. Quanto ai soldi che si è intascato, ne sono stati recuperati pochissimi e solo lui potrà portare gli investigatori alla ‘cassaforte’.