Rimini, 17 aprile 2013 - "I miei amici mi avevano scattato un po’ di fotografie pochi minuti prima, proprio dove è scoppiata la seconda bomba. Mi sento un miracolato...".
Augusto Argento era lì, nel bel mezzo dell’inferno di Boston, quando sono scoppiate le due bombe dell’attentato che ha ucciso tre persone e ne ha ferite quasi 200. Argento, 57 anni, manager riminese (lavora alla Hewlett Packard) con la passione per la corsa, è uno dei 227 italiani che hanno partecipato alla maratona di Boston. E’ stato lui, lunedì sera, a chiamare subito i familiari a Rimini per tranquilizzarli.

"Ho deciso di telefonare immediatamente a mia madre Lucia, per dirle che stavo bene, prima che venisse a sapere la notizia dalla televisione. Mi sono fatto prestare un cellulare da un amico, e l’ho chiamata". Mamma Lucia, infatti, ha appreso la notizia da lui. "Ma non ho avuto idea precisa di quello che era accaduto, fino a quando non ho visto le prime immagini in televisione. Per fortuna — racconta Lucia Enrica Gallassi, madre del maratoneta — Augusto era abbastanza tranquillo al telefono, nonostante tutto, e questo ha rassicurato anche me". Sono state ore di apprensione invece per gli amici e gli atleti del Golden club, la società di atletica riminese a cui Argento è iscritto, che è riuscita a mettersi in contatto con lui soltanto ieri mattina. "Ho ricevuto diverse telefonate dall’Italia, erano tutti preoccupati. Più che comprensibile, con quello che si vedeva in televisione".


Argento dove si trovava quando sono scoppiate le bombe?
"Ero nell’area riservata a famiglie e amici dei partecipanti della maratona. Avevo fatto la gara con un buonissimo tempo: 3 ore, 40 minuti e 25 secondi. Mi ero già cambiato, io e la mia compagna (che è di Santarcangelo) eravamo insieme ad alcuni amici americani che erano venuti a seguirmi, e stavamo per andarcene. Abbiamo sentito un gran botto: era la prima bomba. Ma non abbiamo capito subito cos’era successo, perché eravamo dietro il traguardo. Poi però, dopo l’esplosione del secondo ordigno, non abbiamo più avuto dubbi che si trattasse di un attentato".
 

A quel punto siete scappati?
"Non avevamo ancora idea dell’entità di quello che era successo, ma sentivamo le sirene a tutto spiano delle ambulanze e della polizia. E’ stato un inferno. Siamo rimasti lì per un po’, poi ci siamo allontanati a piedi dalla zona rossa".
 

Quando ha capito cos’era esattamente accaduto?
"Poco dopo. Insieme agli amici ci siamo messi a guardare in tivù le immagini. Erano terrificanti. Ho pensato: sono vivo per miracolo...".
 

Perché poteva trovarsi lì al momento dello scoppio.
"Esattamente. Io ho finito la maratona 25 minuti prima che scoppiasse il primo ordigno, ma poi quando mi sono cambiato sono andato a fare le foto ricordo con i miei amici nel punto esatto in cui è scoppiata la seconda bomba. Insomma, se avessimo tardato anche solo qualche minuto, non so se starei qui a raccontarla".


E’ riuscito a dormire ieri notte? Tornerà subito in Italia?
"No, con la mia ragazza abbiamo deciso di restare qui. Ci eravamo presi alcuni giorni di vacanza, resteremo negli Stati Uniti fino a sabato, poi prenderemo il volo come previsto. Sono sconcertato per quello che è accaduto: Boston è una città tranquilla, non mi sarei mai immaginato che potessero organizzare un attentato proprio qui. La città tra l’altro la conosco benissimo, sono venuto a Boston già almeno una ventina di volte, anche per lavoro. E’ un po’ una seconda casa, quando vengo in America. Qui ho tanti amici, alcuni erano venuti a tifare per me alla maratona. Ancora non possiamo credere a quello che è successo".
 

La vacanza a Boston non sarà più la stessa ora. Argento con gli amici lunedì sera sono ugualmente usciti per cenare, "ma con la tristezza nel cuore". Il riminese non è riuscito nemmeno a godersi l’ottimo tempo fatto nella maratona. "Tutto passa in secondo piano di fronte a tragedie del genere". Anche la voglia di correre.
A Boston risiedono anche due ragazzi di San Marino: il dipartimento Affari Esteri del Titano si è attivato con i propri canali diplomatici per verificare la loro incolumità.

Manuel Spadazzi