Rimini, 3 ottobre 2013 - UN CIPRESSO per Papa Francesco. Non uno qualunque. La piantina alta una quarantina di centimetri che verrà donata domani al sommo Pontefice in visita ad Assisi, è diretta discendente dell’alberello che 800 anni fa un altro Francesco, divenuto santo, piantò nella terra dell’odierna Verucchio.

UNA PIANTA che secoli più tardi divenne un simbolo del convento che ancor oggi lo custodisce all’interno del chiostro. Tra corsi e ricorsi storici, la volontà di un agronomo, Moreno Moraldi titolare di Umbraflor, unirà idealmente San Francesco al Papa che ne porta il nome. E domani quando il pontefice scenderà dall’elicottero che lo porterà a pochi passi dalla basilica di Assisi, la presidente della Regione Umbria, Catiuscia Marini, lo accoglierà con la pianta custodita in un vaso giallo, in omaggio al colore del Vaticano.

Quando si parla di diretta discendenza arborea con l’arbusto messo in terra da San Francesco, non è un modo di dire. «Sono sempre stato affascinato dal cipresso che il Santo piantò a Verucchio nel 1213, 800 anni fa – premette Moraldi -. Così grazie anche a padre Michele ho insistito con i frati del convento perché il mio desiderio di clonare quella pianta divenisse realtà».

DIFFICILE resistere al fascino del cipresso di Verucchio. Un arbusto che, raccontano le cronache, s’impigliò nella tonaca del Santo che lo raccolse attraversando l’Appennino, per farne bordone nel suo peregrinare, il tipico bastone con manico ricurvo usato dai pellegrini. Giunto a Verucchio, non avendone più bisogno, decise di bruciarlo. Il ramicello cominciò a contorcersi ‘frigolando’ e Francesco disse: «Se non vuoi ardere, cresci!». Quel piccolo arbusto generò «gran germogli, laonde, in segno di maggior miracolo, pel bene degli umani».

Questo si racconta, e l’albero è stato tanto forte da superare nei secoli l’incendio appiccato dai francesi nel 1798, i tentativi di abbattimento, le cannonate della guerra e la tromba d’aria che nel 1980 ne mozzò la parte alta. Moraldi, sposato con una romagnola («Sento il fascino di questa terra», ammette lui), è riuscito così nell’impresa di clonare un simbolo.

«DOPO avere convinto i frati, sono salito con un cestello fino ad arrivare alla sommità del cipresso, perché per avere qualche possibilità di riprodurre la pianta era necessario utilizzare le sue parti più giovani». Poi le serate di lavoro al vivaio e infine il responso tanto atteso. «Sono riuscito a far crescere alcune piantine e una di queste verrà donata al Papa». Lo scorso 31 agosto alcuni esemplari sono stati presentati alla conferenza episcopale, e ieri mattina i primi tre arbusti sono idealmente tornati a casa. I frati hanno messo a dimora tre piccole piante davanti alla basilica di Assisi. Domani sarà il gran giorno con il dono del cipresso al Pontefice.

Andrea Oliva