Rimini, 9 febbraio 2014 - «PAPA’, PAPA’, paura, papà paura». Sono da poco passate le 11 di ieri, quando un bambino di tre anni si avvicina, con le lacrime agli occhi, al babbo che sta dormendo sul divano nella sua abitazione al pianterreno in via Leptis Magna numero 4, una strada laterale di viale Tripoli. Il padre, un operaio di albanese quarantenne, si sveglia di soprassalto: il soggiorno-cucina è invaso dalle fiamme e dal fumo. L’uomo afferra il bimbo e lo prende in braccio, ma non riesce ad arrivare alla porta di casa chiusa a chiave. E’ tutto coperto dal fumo, l’aria è irrespirabile, le finestre sono chiuse da grate di ferro. «Papà... papà», continua a urlare il piccolo. L’albanese riesce allora a farsi largo tra il mobilio che sta andando a fuoco e si rifugia in camera da letto, invasa anch’essa dal fumo.

CON TUTTA la voce che ha in corpo, si mette ad urlare: «Aiutateci, la casa va a fuoco, c’è mio figlio di tre anni con me». La tensione è alle stelle, l’operaio albanese cerca di rassicurare il figlio, ma soprattutto di trarlo in salvo. Le finestre della stanza da letto hanno le grate di ferro, impossibile riuscire ad uscire. Finalmente le sue urla vengono udite da alcuni vicini che telefonano ai vigili del fuoco ed ai carabinieri.

Sono minuti di autentico terrore quelli che vivono padre e figlio con le fiamme che continuano a bruciare nella stanza accanto, mentre il fumo inizia a far bruciare gli occhi e la gola. La prima ad arrivare in via Leptis Magna è una gazzella dei carabinieri, ma anche gli uomini dell’Arma non riescono ad entrare nell’appartamento: le inferriate alle finestre non lo consentono. Il bambino e suo padre sono prigionieri nella casa in fiamme. I vigili del fuoco, arrivati nel giro di pochi minuti, con le cesoie ce la fanno a tagliare le inferriate: pompieri e carabinieri si precipitano nel bilocale alla ricerca di padre e figlio. Il fumo è denso, l’aria irrespirabile, ma i due vengono tratti in salvo. Ad attenderli fuori ci sono le ambulanze del 118.

«Ho avuto paura per mio figlio, ho avuta paura di morire», racconta l’albanese ai soccorritori. Il bimbo è sotto choc, ma carabinieri, vigili del fuoco e sanitari lo coccolano e lo tranquilizzano. Poi l’operaio e il piccolo vengono caricati sull’ambulanza e trasportati al pronto soccorso dell’ospedale Infermi, mentre i vigili del fuoco terminano le operazioni di spegnimento dell’incendio.

ANCHE I DUE carabinieri, accorsi per primi in aiuto di padre e figlio, finiscono al pronto soccorso per il fumo respirato. Il bambino è stato trattenuto, in via precauzionale, in Pediatria dove ha trascorso la notte. Oggi dovrebbe già essere dimesso. Nè lui nè il padre sono stati trasferiti a Ravenna per il trattamento nella camera iperbarica. Dalle prime indagini sommarie pare che le fiamme possano aver avuto origine o da una sigaretta lasciata inavvertitatemente accesa dall’albanese mentre riposava sul divano o dal bimbo che avrebbe giocato con l’accendino del padre. Ma si tratta solo di prime ipotesi. Così come sono ancora da quantificare i danni che il bilocale ha riportato nell’incendio. A chiudere la casa ci ha pensato il proprietario, accorso pochi minuti dopo il disastro, con due grandi catene di ferro. Sui muri i segni neri lasciati dalle fiamme che neanche l’acqua è riuscita a cancellare.

Grazia Buscaglia