Rimini, 3 marzo 2014 - UN INTERROGATORIO durato tutto il pomeriggio e proseguito ancora fino a tarda notte. Tanto da far pensare a un colpo di scena nelle indagini per l’omicidio di Lidia Nusdorfi. In caserma dal primo pomeriggio di ieri c’è l’ex compagno della donna, Dritan Demiraj e dalla tarda serata anche il suo datore di lavoro, Massimo Mengoni. E dire che in mattinata la situazione appariva ben diversa. «Lidia? Se n’è andata ad agosto. Perchè, cosa è successo?». Sono le 12,30 di ieri. Dritan Demiraj non ha ancora avuto la notizia della morte di Lidia Nusdorfi, la sua ex compagna, uccisa sabato sera a coltellate alla stazione di Mozzate in Lombardia (FOTO). «Non abbiamo più rapporti, ci sentiamo raramente», spiega l’uomo sulla porta di casa. Le voci dei bambini si sentono in sottofondo. Ancora non sanno che la loro mamma è stata ammazzata in un paesino di cinquemila anime in provincia di Como. Ma anche l’ex compagno Dritan Demiraj, pasticcere 28enne di origine albanese e padre di uno dei due figli di Lidia fino alle 13 non sa nulla della tragedia che si è abbattuta su di loro.

«Lidia se n’è andata di casa ad agosto. Non ci sentiamo più. L’ultima volta è stata dieci giorni fa, urlava al telefono. Mi ha mollato lasciando qua i suoi due figli. Che cosa vuole che le dica di più?». E la notizia dell’omicidio della sua ex compagna, l’ha appresa dalla televisione alle 13. Un’ora più tardi sono arrivati i carabinieri e Dritan è stato accompagnato in caserma dove è stato interrogato a lungo. In tarda serata era ancora sotto torchio.

Prima di entrare dai carabinieri, l’albanese ha solo il tempo di aggiungere qualche frase: «Ho scoperto quello che era accaduto a Lidia dalla televisione. Dopo la vostra visita, ho capito che era successo qualcosa di grave e ho acceso la tv: così ho sentito quello che era accaduto alla mia ex. Nessuno mi aveva avvertito prima. Niente di niente. Ci sono rimasto malissimo».

Il volto è tirato, il pasticcere albanese ha in mano un sigaro: «Mi dispiace molto per quello che le è accaduto. Mi creda, non sto mentendo — continua —. Mi aveva lasciato ad agosto, mi tradiva con mio cugino di poco più di 20 anni, che per me era come un fratello, e poi se n’era andata. Ha abbandonato non solo me, ma anche i suoi figli, uno avuto con me ed uno frutto di da una precedente relazione. Voleva rifarsi una vita ed invece ha trovato la morte. E’ lei che ci abbandonato e guardi come è andata a finire: uccisa a coltellate alla stazione ferroviaria».

Dritan poi aggiunge: «Quando si fa del male a chi ti ama, non sai mai con chi vai a finire. Chissà chi avrà incontrato sulla sua strada per fare una fine come quella». Lei dov’era ieri sera? «Io ero al lavoro—risponde tranquillo —. Faccio il pasticcere all’Alter Ego. Ero là, come tutte le sere fino a a quasi le 19. Sono questi i miei orari. E poi lavoro anche la notte e finisco alle sei di mattina per portare i miei figli a scuola». Poi l’albanese entra per l’interrogatorio: i carabinieri hanno cercato di ricostruire la vita della donna uccisa e la loro relazione. Ai militari dell’Arma il pasticcere ha ribadito di non essersi mosso da Rimini sabato sera ed ha fornito un alibi di ferro: era al suo posto di lavoro alla pasticceria «Alter ego».

Però nella tarda serata di ieri l’uomo era ancora sotto torchio. Nel Comasco, invece, Lidia Nusdorfi faceva poca vita di relazione: non aveva un lavoro, si spostava spesso in treno ma, secondo le prime ricognizioni fatte per ricostruire le sue abitudini di vita, non era particolarmente conosciuta. Abitava presso alcuni parenti. Sicuramente trascorreva molte ore davanti al computer, caricava frasi e immagini di continuo sul suo profilo di Facebook.. Gli ultimi post risalgono al 24 febbraio. Sabato sera, invece, è arrivato l’appuntamento con la morte, nella stazione di Mozzate.

Grazia Buscaglia