Rimini, 14 marzo 2014 - L’INCHIESTA sui finanziamenti irregolari al Meeting si chiude con un rinvio a giudizio dei tre indagati. Il direttore generale della Fondazione, Sandro Ricci, il direttore amministrativo, Roberto Gambuti, e il commercialista Massimo Conti, compariranno il 18 novembre prossimo davanti al giudice monocratico, per rispondere di truffa aggravata ai danni di ente pubblico.

Un vero terremoto, quello che nel dicembre del 2012, si era abbattuto sulla Fondazione, quando la Guardia di finanza era andata a sequestrate la palazzina che ne ospita la sede. L’epilogo di un’inchiesta sull’erogazione di contributi pubblici, a cui, secondo gli inquirenti, non avevano diritto. A ognuno dei tre indagati, i finanzieri avevano anche congelato i conti per 310mila euro, la cifra che secondo loro avevano indebitamente ottenuto. L’inchiesta era partita da una verifica fiscale di routine. Rimasta tale fino a quando i finanzieri non avevano esaminato il contratto con una società, poi risultata una controllata della Fondazione, legato all’erogazione di quei 310mila euro di contributi, ottenuti da Regione Emilia Romagna, Agenzia Marketing turistico della riviera di Rimini (ente della Provincia), Camera di Commercio e ministero dei Beni Culturali.

Secondo la ricostruzione delle Fiamme Gialle, alla società in questione, deputata alla raccolta di pubblicità per la realizzazione del Meeting, venivano attribuite a seconda degli anni quote percentuali variabili di introiti pubblicitari, in modo da ridimensionare i ricavi e ottenere una perdita di bilancio. Per ottenere quei contributi, la Fondazione avrebbe quindi presentato e allegato alla richiesta bilanci e rendiconti che riportavano false perdite, riuscendo ad avere quei 310mila euro che diversamente non sarebbero stati erogati. Parte dei soldi sono già stati restituiti a Provincia e Regione. «L’udienza preliminare — spiega l’avvocato Sergio De Sio che insieme a Cesare e Roberto Brancaleoni e Armando D’Apote difende gli imputati — è finalizzata anche a consentire agli imputati di accedere a riti alternativi. Ma tutti hanno scelto di andare a dibattimento per dimostrare la loro innocenza».