San Marino, 24 aprile 2014 - INDAGINI concluse in Italia, ma presto anche a San Marino tornerà sotto i riflettori il ‘caso Stamina’. L’indagine in Repubblica sul metodo Stamina infatti è a una svolta con Davide Vannoni, padre del controverso metodo di cura, e il medico chirurgo specialista in anestesia e rianimazione Luciano Fungi che sono ufficialmente indagati.

Il commissario della legge Simon Luca Morsiani in questi giorni attende da Torino l’esito di una rogatoria sugli atti dell’indagine italiana, poi entrambi verranno convocati per essere sentiti in tribunale. Un fascicolo a San Marino era stato aperto nei primi giorni dello scorso febbraio, dopo l’esposto presentato dall’autorithy sanitaria. San Marino sulla vicenda è stata nel corso degli ultimi mesi tirato in ballo in più occasioni specialmente da Carmine Vona, 55enne della provincia di Cuneo che ha raccontato di essersi rivolto a Vannoni. «Mi promise, senza nemmeno vedermi – ha raccontato - che sarei guarito. Il trattamento avvenne in un centro estetico di San Marino. Mi chiesero 27 mila euro in nero, ma mi rifiutai di pagare». Vicenda sulla quale naturalmente ha indagato anche la procura di Torino. E ieri, dopo mesi di nuovi controlli disposti a fine 2013 dopo che i primi accertamenti erano stati formalmente chiusi nell’agosto 2012, la procura piemontese ha terminato le indagini sul caso Stamina.

Gli indagati sono venti tra i quali ci sono ovviamente anche Vannoni e Fungi, insieme a Erica Molino, biologa non iscritta all’albo con rapporto di lavoro con la Stamina Foundation, che avrebbe effettuato l’attività di manipolazione ed espansione del materiale biologico umano per l’estrazione di cellule staminali a San Marino, oltre che all’Ircss Burlo Garofalo di Trieste e agli Spedali Civili di Brescia. A lei, il pubblico ministero Raffaele Guariniello contesta che, «pur essendo la depositaria privilegiata e insostituibile del protocollo relativo al cosiddetto metodo Stamina, non assicurava il sistema di tracciabilità del paziente e della filiera cellulare e allontanava il personale presente durante la preparazione del prodotto da infondere al paziente con la motivazione di dover aggiungere alle cellule una sostanza ‘segreta’», per poi consegnare per le infusioni ai pazienti «materiale biologico di cui essa stessa ignorava la composizione finale».

A Vannoni è contestato di essere al vertice dell’associazione a delinquere, ideatore e artefice primario delle scelte strategiche di fondo. Un grande giro di denaro: infusioni a parte, dagli esiti dell’indagine si viene a sapere che servivano 10mila euro all’anno per lasciare le proprie cellule in custodia a San Marino in modo da riutilizzarle in futuro.