Rimini, 27 giugno 2014 - QUEL vincolo di sangue così forte, così profondo li ha riportati vicino, uno accanto all’altro. Un abbraccio che nascondeva una vita di trionfi, ma anche di dolori. Ma i due Stecca, miti del pugilato internazionale negli anni Ottanta, ieri mattina in quell’aula di tribunale erano soprattutto due fratelli che si ritrovavano. Nonostante tutto e tutti. Loris, il maggiore con i suoi 54 anni, seduto tra i banchi come imputato per tentato omicidio della sua socia Roberta Cester. L’altro Maurizio detto Icio, il minore, era là, sugli spalti, ad assistere all’apertura del processo del suo fratellone. Aveva vinto tutta la rabbia che covava dentro da quel maledetto 27 dicembre 2013 verso quello che fin da bambino era stato il suo «eroe», Loris, così forte sul ring, così fragile nella vita. Non voleva entrare in quell’aula di tribunale Maurizio. Troppo il dolore di vedere Loris in carcere, schiacciato dal macigno di un’accusa come quella di tentato omicidio.

ICIO segue il processo con sua moglie, vicino ai due figli di Loris e a Fiammetta Stecca. Nella pausa i famigliari si avvicinano a Loris per abbracciarlo e salutarlo. Maurizio esita, è arrabbiato con Loris «per quello che ha fatto, per tutti i casini che ha combinato». Alla fine si lascia convincere e raggiunge il banco degli imputati. Abbraccia il fratello, ma non gliele manda a dire: «Mi devo zuzzare (ciucciare, ndr) anche questa, la mia parte, la tua parte. Sono Stecca anch’io, Loris, sto girando il mondo…» «Ti sono vicino», riesce a rispondergli il fratello, quasi a dargli forza. «Lo so che non lo accetti», ha ancora il tempo di sussurrargli l’ex campione ora imputato. Maurizio sta già tornando negli spazi per il pubblico. «Non sta bene», mormora Loris. Poi Maurizio se ne va a testa bassa, il volto tirato. «L’ho visto oggi per la prima volta — confessa —. Il gesto l’ha fatto, contro una donna poi. Io non lo difendo. Se con la palestra non andava, doveva risolvere in un altro modo. Lui le dà il nome, non gli basta il 4 per cento? Vai dall’avvocato, chiedi di fare a metà».

«IL GIORNO prima del fatto — continua Icio Stecca —, alla cena con i nostri genitori e le famiglie, nel giorno di Santo Stefano, gli avevo anche proposto di aprire una palestra insieme. Io sono sempre in giro con la nazionale di pugilato, lui la manda avanti. Abbiamo un nome, i ragazzi mi chiedono ancora l’autografo». «Adesso ha rovinato tutto — continua Icio —, ha distrutto una famiglia, con due figli minorenni. Ha gettato fango sul nostro nome, io mi trovo gente che mi chiede se sono quello della coltellata. Di recente con la nazionale, in Sardegna, davanti a 200 persone ho dovuto precisare, spiegare. Io mi so difendere, ma i miei nipoti… Torno a Rimini ogni tanto per stare tranquillo, apro il giornale e mi trovo mio fratello. Ieri era sport, oggi questa cosa. Guardi, fosse stato incolpato ingiustamente mi sarei fatto in quattro per difenderlo, ma il gesto l’ha fatto, cosa devo dire? I miei genitori? Inutile che venissero al processo, per poi imbottirsi di pillole». Poi lo guarda ancora una volta, ma il legame di sangue ha vinto sulla rabbia.

Grazia Buscaglia e Mario Gradara