Soldi spariti, nei guai l'amministratore di sostegno

Indagato un 59enne incaricato di occuparsi dei beni di due cugini malati. Lui si difende: "Ho solo preso 17mila euro in prestito

Un disabile e il suo accompagnatore (Foto di repertorio)

Un disabile e il suo accompagnatore (Foto di repertorio)

Rimini, 21 settembre 2016 - «Ho solo preso quei soldi in prestito per far fronte ad una parte dei problemi economici che sto attraversando da mesi. Ma non ho rubato nulla e li avrei restituiti». Si è giustificato così il 59enne riminese, assistito dall’avvocato Christian Brighi, che è stato iscritto nel registro degli indagati per appropriazione indebita.

I soldi in questione che si sono volatilizzati dalla contabilità ufficiale, circa 17mila euro, appartengono a due fratelli riminesi che hanno seri problemi di salute tanto da essere costretti ad avere un amministratore di sostegno. E per ‘accudire’ e gestire le proprietà ed i beni che i due avevano ereditato alla morte dei genitori, dal 2007 il tribunale di Rimini aveva nominato come amministratore di sostegno un loro parente, un cugino. Tutto aveva funzionato per il meglio fino a qualche mese fa quando dal rendiconto di gestione dei due fratelli erano emerse delle anomalie: in pratica i conti non tornavano.

Erano spariti diciassettemila euro. Così il tribunale sei mesi fa aveva revocato il mandato al 59enne riminese come amministratore di sostegno dei suoi due cugini e fatto partire una segnalazione in Procura. Erano iniziate le indagini, coordinate dal pubblico ministero, Davide Ercolani, per tentare di capire dove fosse finito quel denaro. E lunedì mattina la sezione della pg dei carabinieri della Procura di Rimini, guidata dal luogotenente Luigi Prunella, ha compiuto una perquisizione nell’abitazione dell’imprenditore riminese.

Qui gli investigatori hanno trovato anche la bellezza di circa 200 buoni postali nominativi, intestati ai due fratelli, per un valore circa di 180mila euro. L’uomo si era ‘dimenticato’ di avvertire il tribunale di avere la disponibilità di questi buoni.

Il 59enne ha continuato a ripetere la sua buona fede: «Ho avvertito il tribunale di aver preso in prestito quei 17mila euro. Avevo bisogno di quel denaro perché sto attraversando un momento di grave difficoltà economica causa di un investimento sbagliato. Li avrei restituiti appena fossi riuscito a far quadrare la mia situazione».

L’imprenditore però rischia di veder trasformata la sua denuncia da appropriazione indebita a peculato in quanto considerato da sentenze delle Cassazione come un pubblico ufficiale.