Rimini, tesoro da 515mila euro in banca. Anziana sfrattata dalla casa popolare

La scoperta dopo i controlli incrociati di Comune, Acer e Inps

Un'anziana (foto repertorio)

Un'anziana (foto repertorio)

Rimini, 28 luglio 2017 - Non li nascondeva sotto il materasso, ma su un conto corrente. Fino a quando i controlli incrociati di Comune, Acer e Inps non hanno scoperto il tesoro della donna. Che vive sì in una casa popolare, ma in banca ha la bellezza di 100mila euro, più assicurazioni e titoli per altri 415mila euro. Per l’anziana donna, da anni assegnataria di un alloggio popolare, scatterà adesso la procedura di sgombero. Il caso, recentissimo, è stato svelato proprio ieri dal vice sindaco Gloria Lisi al tavolo di concertazione sulle case popolari, presenti anche i dirigenti di Acer e di altri enti. E’ uno dei casi più eclatanti degli ultimi anni, ma purtroppo non è certo l’unico. «Nel 2016, nel solo comune di Rimini – conferma Riccardo Fabbri, presidente di Acer – sono state riscontrate ben 33 dichiarazioni Isee (riferite sia al reddito che al patrimonio) non veritiere. In 25 casi i ‘furbetti’ erano recidivi: si tratta di assegnatari di case popolari che avevano infatti già mentito in passato». Venendo al 2017, finora Acer ha segnalato i casi di 7 famiglie: 3 per redditi risultati superiori a quanto era stato da loro dichiarato, altre 4 invece per alcuni immobili tenuti nascosti. La lotta ai ‘furbetti’ delle case popolari è diventata ancora più aspra da quando l’Inps (da un paio di anni) può accedere anche ai conti correnti degli assegnatari. E’ il caso della donna appena scoperta. Pur vivendo in una casa popolare, si è scoperto che teneva in banca 100mila euro, e ancora altri 415mila in azioni e fondi assicurativi. Insomma, si poteva permettere tranquillamente una casa in affitto, anziché un alloggio popolare.

I controlli più severi e accurati permettono anche il maggiore turnover nelle case popolari. Se nel periodo fra il 1999 e il 2010 la media era di 28 case popolari assegnate ogni anno, si è passati a 51,5 nel periodo dal 2011 fino al 2016. Un incremento reso possibile sia dalla revoca di alloggi a chi non ne aveva più diritto, sia dalla realizzazione di nuove case. Sul turnover ha influito anche la fine del fenomeno che vedeva le case popolari passare di padre in figlio. Il subentro di familiari negli alloggi è diventato sempre più complicato, per effetto delle norme entrate in vigore. Se fino al 2012 erano una decina all’anno i casi di figli e nipoti che entravano nelle case popolari, oggi questo non è più praticamente possibile. «Gli alloggi pubblici devono andare a chi ne ha più bisogno, questo è l’unico diritto che conta – osserva il vice sindaco Gloria Lisi – Non possiamo pensare di far rimanere fuori le famiglie in difficoltà al posto di chi, con cavilli burocratici eticamente discutibili, gli subentra furbescamente».