Rimini, assenteismo. Sospesi i colleghi del vigile suicida

Non potranno lavorare per tre mesi. Accusati abuso d’ufficio, peculato e truffa. Gli avvocati difensori annunciano ricorso al Tribunale della Libertà

La disperazione dei colleghi per il suicidio dell’ispettore Attilio Sebastiani che il 19 ottobre scorso si è sparato un colpo di pistola nel suo ufficio

La disperazione dei colleghi per il suicidio dell’ispettore Attilio Sebastiani che il 19 ottobre scorso si è sparato un colpo di pistola nel suo ufficio

Rimini, 13 dicembre 2017 - Tre mesi di sospensione. Il giudice, Benedetta Vitolo, ha sciolto la riserva sui tre agenti della Polizia municipale coinvolti in un’inchiesta di assenteismo che ha visto il suicidio di un quarto collega indagato. Il gip ha accolto la richiesta del pubblico ministero, decidendo per la sospensione dal servizio del comandante, Ivan Cecchini, e dei due agenti Felice Ardito e Antonio Crestini, questi residenti a Pesaro, accusati a vario titolo di abuso d’ufficio, peculato e truffa. «Un periodo – sottolinea il giudice nel provvedimento – che appare congruo in relazione alla non eccessiva entità del danno patrimoniale, causato alla pubblica amministrazione».

Nessuno dimenticherà mai la mattina del 19 ottobre scorso. Quando Attilio Sebastiani, 49 anni, ispettore della Polizia municipale di Bellaria, era entrato nel suo ufficio, si era seduto alla scrivania e si era sparato un colpo alla tempia. Mentre lui moriva, colleghi, avvocati e magistrati lo stavano aspettando in tribunale, dove avrebbero dovuto ascoltarlo in merito all’inchiesta, così che il gip potesse decidere sulla sospensione chiesta dal pm. Quando avevano visto che non arrivava, a qualcuno era venuta la pelle d’oca, attraversato dalla paura che Sebastiani potesse avere commesso una sciocchezza. L’avevano mandato a cercare, e l’avevano trovato in una pozza di sangue. Sebastiani, uno dei più stimati agenti del comando, aveva deciso di non difendersi da accuse che pure riteneva infondate.

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Perché non c’erano dubbi sul fatto che dietro quella scelta terribile ci fosse l’indagine in cui era finito dentro. Un’inchiesta aperta dalla Sezione di polizia giudiziaria della Guardia di finanza, dopo una segnalazione arrivata dall’interno dello stesso comando della Municipale di Bellaria, in cui venivano indicati comportamenti discutibili da parte di alcuni colleghi, senza che il comandante Cecchini prendesse alcun provvedimento. L’inchiesta aveva rivelato che gli agenti in questione si erano assentati dal lavoro, in alcuni casi per non più di 20 minuti, in altri per un’ora.

Qualcuno aveva usato l’auto di servizio per andare al bar, o aveva mancato di timbrare il cartellino. A cui si aggiungeva il fatto che Cecchini avesse autorizzato i due vigili che vivono a Pesaro ad arrivare al lavoro in base agli orari dei treni. Circostanze che i tre agenti, difesi dagli avvocati Luca Greco e Gabriele Marra, hanno spiegato nel corso degli interrogatori, rigettando tutte le accuse. A inchiesta conclusa, il pubblico ministero, Elisa Milocco, aveva chiesto la sospensione dal servizio per tutti. Ieri, la decisione del giudice contro cui i difensori sono pronti a ricorrere al Tribunale della Libertà.