Rimini, caso nomadi, Gnassi tira dritto nonostante le proteste

Il sindaco: "Impegneremo le famiglie coinvolte a una serie di obblighi, dal pagamento delle utenze alla pulizia delle aree"

Rimini, la protesta dei residenti fuori dal consiglio comunale (foto Migliorini)

Rimini, la protesta dei residenti fuori dal consiglio comunale (foto Migliorini)

Rimini, 24 febbraio 2017 - Non si arresta la protesta di tanti riminesi che non vogliono nei loro quartieri le famiglie nomadi. Ieri sera in consiglio comunale sono stati molti i cittadini armati di cartello con scritto: "No ai rom al villaggio Primo maggio".

Il sindaco Andrea Gnassi non era presente in aula quando esplodeva la rabbia per la decisione dell’Amministrazione di distribuire in varie zone della città i sinti del campo nomadi di via Islanda, ma oggi risponde subito affermando che "Agitare la bandiera della paura, del pregiudizio e della discriminazione su base etnica verso 11 famiglie italiane equivale a bruciare ponti, case, scuole, fabbriche dietro le spalle quando si è in fuga".

Il primo cittadino punta il dito contro la minoranza che strumentalizza le "preoccupazioni dei cittadini". Gnassi cerca di andare oltre le polemiche e spiega il metodo sulla questione nomadi. Un tavolo interno alla maggioranza per superare il campo di via Islanda, "attuando soluzioni abitative fisse o mobili per le 11 famiglie residenti, distribuite omogeneamente sul territorio comunale per favorire la piena integrazione".

Dopodiché convenzione che "impegni giuridicamente le famiglie coinvolte" al rispetto di una serie di obblighi, dal pagamento delle utenze alla frequenza scolastica, dalla pulizia delle aree ai controlli periodici sulla corretta gestione dei luoghi. Questo, sottolinea il primo cittadino riminese, significa "essere pragmatici in una città civile e rispettosa degli altri, e su questo l’Amministrazione comunale sta lavorando e lavorerà".