Violenta e filma l'ex convivente

L’uomo ha ora il divieto di avvicinamento alla famiglia

Violenza sulle donne, foto generica

Violenza sulle donne, foto generica

Rimini, 26 settembre 2016 - Violenta e filma la ex convivente, costringendola a girare filmati a luci rosse, con la minaccia di ucciderla e di rapire la loro figlioletta. Un calvario, quello della donna, durato due anni e mezzo, fino a quando ha trovato il coraggio di ribellarsi e di denunciarlo ai carabinieri. Al giovane, un 25enne di origine straniera ma residente a Rimini, il giudice ha imposto ora il divieto di avvicinamento alla sua vittima e ai suoi familiari, anche questi coinvolti nella sua vendetta.

L’incubo in cui l’aveva precipitata, era a sentire lui il prezzo da pagare per garantirsi la ‘tranquillità’. Quando l’aveva conosciuto, nel 2009, lui non era così, o almeno non lo sembrava. Erano andati a vivere insieme dopo qualche mese e poi era nata la loro figlia. La convivenza era diventata difficile subito dopo la nascita della bambina, il giovane era diventato sempre più aggressivo e prepotente e pretendeva rapporti sessuali anche contro la sua volontà. Tre anni fa, sfinita dalle continue vessazioni, la donna, una riminese, di 33 anni, aveva deciso di andarsene e di tornare a vivere da sua madre. Ma se credeva che fosse finita lì si sbagliava, il peggio doveva ancora venire.

Da quel momento lui non le aveva dato tregua, e la minaccia peggiore che le lanciava era quella che avrebbe rapito la bambina e sarebbe scappato nel suo paese d’origine, in America Latina. Lei sapeva che ne era capace, e si era assoggettata alle torture fisiche e psicologiche che lui aveva deciso di infliggerle. La costringeva a fare sesso con lui e a girare filmini pornografici. Con quelli in mano, lei non avrebbe mai avuto il coraggio di ribellarsi: o faceva quello che diceva o quelle immagini avrebbero fatto il giro del mondo, e lui avrebbe fatto sparire la bambina.

Un vero e proprio maniaco, ossessionato dal possesso e da un crudeltà mentale che aveva finito con il ridurre la donna, come lei stessa si è definita con gli investigatori, «una schiava». Ha sopportato terrorizzata, fino a quando nel giugno scorso, la situazione se possibile è peggiorata e le richieste del giovane sono diventate allucinanti. A quel punto ha deciso di ribellarsi e disperata si è rivolta ai carabinieri di Riccione, raccontando l’orrore che era costretta a sopportare e che l’aveva fatta ammalare. Amici e parenti hanno confermato ogni cosa e i militari, coordinati dal pubblico ministero, Davide Ercolani, avevano chiesto al giudice la custodia cautelare, ma per ora gli è stato imposto solo il divieto di avvicinamento.