Rimini, il killer dei cuccioli incastrato dal Dna

Accusato di aver ucciso la prole del suo pastore maremmano

Pastore maremmano (foto di archivio)

Pastore maremmano (foto di archivio)

Rimini, 25 aprile 2017 - E' forse la prima volta che uno specialista in genetica testimonia a un processo dove le vittime di un crimine sono dei cani. Perché sarebbe stato proprio il Dna ha incastrare il colpevole dell’uccisione di cinque cuccioli di pastore maremmano. A confermarlo, ieri mattina, è stato l’esperto, nell’udienza che vede alla sbarra un agricoltore della Valmarecchia per uccisione di animali.

Una vera e propria inchiesta per omicidio, quella che era stata disposta dalla Procura di Rimini per svelare l’identità del colpevole del massacro. I cadaverini erano stati trovati nel 2012, nella scarpata sul greto del fiume Marecchia dagli agenti della Guardia forestale. A mettere gli investigatori su quella che considerano la pista giusta, era stata una ‘soffiata’ che aveva indicato come colpevole un agricoltore della zona di Novafeltria, proprietario di una femmina di pastore maremmano. Quella che secondo la fonte anonima aveva partorito i cuccioli. A quel punto il magistrato aveva deciso di trattare il caso come un’inchiesta per omicidio, e oltre all’autopsia sui cuccioli aveva disposto anche che venisse fatta la comparazione del Dna delle piccole vittime con la cagna dell’agricoltore in questione.

I risultati sono stati illustrati ieri mattina sia dal genetista che dal medico legale. Il primo ha confermato che il codice genetico dei cuccioli è lo stesso del pastore maremmano di proprietà del contadino. Il medico legale invece ha spiegato di come ai piccoli sia stata fracassata la testa. Il movente, secondo l’accusa, sarebbe quella che viene definita ‘prassi di campagna’ che porta a sbarazzarsi senza troppi scrupoli delle cucciolate indesiderate. L’agricoltore, difeso dall’avvocato Luca Greco, ha però senpre negato di essere l’autore della ‘strage’.