Omicidio Mannina, il killer albanese vuole ‘svegliarsi’ dal coma

Dritan Demiraj è in coma dopo essere stato aggredito in carcere. Apre gli occhi e muove la testa, ma per i medici è in condizioni irreversibili

Dritan Demiraj

Dritan Demiraj

Rimini, 6 marzo 2017 - Ha aperto gli occhi e muove la testa, come se percepisca qualcosa. Ma secondo i medici, Dritan Demiraj non ha nessuna speranza di svegliarsi dal coma profondo in cui è caduto. Il killer albanese, condannato all’ergastolo per l’omicidio della madre dei suoi figli e del nuovo compagno della donna, ha lasciato la clinica Sol et Salus ed è stato riportato all’ospedale di Parma.

L’ultimo bollettino medico lascia di stucco. Demiraj cerca di aprire gli occhi, muove la testa, manda ‘segnali’ come se avesse un barlume di coscienza. Nonostante questo però, i medici sono del parere che la situazione in cui versa sia irreversibile. A ridurlo in quelle condizioni è stato un altro detenuto del carcere di Parma, un ex pugile romeno con cui Demiraj si era incrociato nel corridoio. Uno sguardo di troppo o forse un conto in sospeso, aveva scatenato la furia del romeno che l’aveva colpito con una ferocia tale da farlo entrare in coma.

Nel frattempo lo zio di Dritan, Sadik Dine, è comparso due giorni fa davanti alla Corte d’Assise d’Appello, dove il procuratore generale ha chiesto per lui 30 anni di carcere per omicidio. Dine, difeso dall’avvocato Massimiliano Orrù, era stato condannato in primo grado a soli 5 anni.

Il pescatore aveva giurato di non avere partecipato all’omicidio di Silvio Mannina, l’ultimo amante di Lidia Nusdorfi, ma di avere solo aiutato il nipote a occultarne il cadavere nel lago azzurro. Quando era arrivato a casa di Dritan, aveva giurato, il delitto si era già consumato, ed essendo molto legato al ragazzo aveva accettato di aiutarlo.

Una versione ben diversa da quella fornita invece da Monica Sanchi, la fidanzata di Dritan, che aveva invece tirato dentro Sadik, sostenendo che aveva partecipato all’omicidio. Alla Sanchi, inchiodata al letto da tempo per una malattia incurabile, erano stati inflitti 30 anni, una condanna che diventerà presto definitiva non essendoci stato appello.

Per Sadik invece sono stati chiesti 30 anni (il pm riminese aveva chiesto l’ergastolo), ma prima di decidere, la Corte ha disposto di ascoltare il giovane albanese che la notte della mattanza aiutò Dritan a uccidere Mannina. Il ragazzo è stato condannato a 28 anni di carcere e nei giorni scorsi, e per lui la condanna è già diventata definitiva. Si è sempre avvalso della facoltà di non rispondere, limitandosi a negare l’omicidio. Adesso i giudici bolognesi vogliono ascoltarlo di nuovo, perchè oltre alla Sanchi era l’unico presente al momento del delitto. E nel caso questa volta decidesse di rispondere, per Sadik potrebbe fare la differenza.