Nathan Franchini, la lettera del padre: "Perdonami figlio mio se non ti ho ascoltato"

Le parole strazianti lette dal padre durante il funerale: "Hai fatto da scudo per proteggere la tua amica"

Migration

"Sono orgoglioso di te, figlio mio. Quella mattina maledetta, con il tuo corpo, hai fatto scudo a quella ragazza che sedeva accanto a te sul sedile posteriore, ti sei frapposto tra lei e l’albero, hai dato la tua vita per la sua...". Parole e lacrime. Christian Franchini – il papà di Nathan, il 19enne morto domenica scorsa in un incidente in viale Abruzzi a Riccione mentre tornava in macchina dalla discoteca insieme a quattro amici – è un fiume in piena, un uomo sopraffatto da un dolore troppo grande. Don Andrea Scognamiglio lo sorregge come si fa con chi sta per cadere. Piange, papà Christian, e tutta la chiesa di San Pio V a Cattolica piange con lui. I singhiozzi rimbombano nel silenzio innaturale delle navate e si piantano come pugnali nel cuore di ciascuno degli oltre 500 presenti. C’è una parola che risuona più volte sulle labbra di quell’uomo in lacrime, che si stringe forte al braccio del parroco, come un bimbo impaurito. "Perdono".

Papà Christian non smette di ripeterla, e ogni volta la chiesa è attraversata da un fremito. "Ho cercato di essere un buon padre, di insegnarti quella via che ritenevo più giusta per te, ma forse non ti ho mai capito fino in fondo, non ho mai capito che volevi solamente essere libero – dice rivolto al suo Nathan, nella sua bara coperta di fiori bianchi -. Non eri come gli altri, non desideravi un lavoro normale, una carriera. Sognavi di lavorare con la musica, di diventare un producer, e passavi le nottate a realizzare quelle belle canzoni. Canzoni che io mi sono sempre rifiutato di ascoltare. L’altra sera però l’ho fatto, e ho scoperto che mi piacciono molto. Mi pento di non averlo fatto prima, come mi pento di non aver passato abbastanza tempo con te". Una lunga pausa. Altre lacrime. Singhiozzi.

"Spesso sono stato duro con te. Eravamo come il bianco e il nero. Spero tu possa perdonarmi, figlio mio". Poi un appello agli altri genitori presenti in chiesa. "Ricordatevi di ascoltare i vostri ragazzi: quelli che sono i loro desideri, i loro sogni. Non rimandate, perché domani potrebbe essere troppo tardi, e vi rimarranno solo i rimpianti". Nel giorno più nero, c’è spazio anche per la luce. E’ quella del girasole che stringe in mano la mamma di Nathan, Damaris Tio. E’ quella della felpa verde di Nathan che lei indossa, una pennellata di vita nel mare di facce scure. La tristezza non vincerà, sembra quasi voler dire mamma Damaris, anche se resta in silenzio. A suo figlio ha voluto dedicare una preghiera in musica. Dagli altoparlanti esce una melodia dolce, quasi una ninna-nanna, che riporta il sereno dopo la tempesta.

"Vorremmo avere il potere di riportare indietro le lancette, di scrivere un finale diverso per questa storia – sono le parole di don Andrea, guida spirituale di San Pio V, la parrocchia in cui Nathan è nato e vissuto -. Ma oggi abbiamo due scelte di fronte a noi: o rimanere fermi nel dolore oppure affidarci alla speranza della resurrezione". Tutta la chiesa trattiene il fiato quando la bara attraversa la navata. Nessuno apre bocca, ma tutti stanno dicendo: ciao, Nathan.

Lorenzo Muccioli