Rimini, trent’anni al killer di Anna, madre e sorella scoppiano in lacrime

La sentenza inchioda Zakaria Ismaini, accusato anche di altri crimini e delitti

La vittima, Anna Maria Stellato

La vittima, Anna Maria Stellato

Rimini, 25 luglio 2017 - Trent'anni di carcere. E’ pochi minuti prima delle 22 che la Corte d’Assise di Rimini, presieduta da Massimo Di Patria, esce dalla Camera di Consiglio con la sentenza che inchioda Zakaria Ismaini, 33 anni, marocchino, alla sbarra per l’omicidio di Anna Stellato, 24 anni, trovata morta nel mare di Torre Pedrera, la mattina del 14 luglio 2012. Alla lettura della condanna, la madre e la sorella di Anna scoppiano in lacrime, mentre l’imputato resta impassibile.

Il pubblico ministero, Davide Ercolani, aveva chiesto l’ergastolo al termine di una durissima requisitoria che aveva ricostruito nel dettagli la morte di Anna e il ruolo di Ismaini. E anche la ‘carriera criminale’ di Zakaria, già condannato all’ergastolo per avere dato fuoco a un pensionato, uccidendolo. Una lunga scia di sangue, quella che secondo gli inquirenti si è lasciato dietro l’imputato che viene indicato ormai come un serial killer. Oltre all’omicidio del pensionato, il giovane è accusato infatti anche dell’assassinio di una donna, una 50enne di Catania, ammazzata con un colpo alla testa e gettata in mare, e del tentato omicidio di un connazionale, al quale in preda a un raptus aveva tentato di tagliare la gola. La morte di Anna inizialmente era stata archiaviata come accidentale. Era una ragazza fragile che stava cercando di uscire dal tunnel della droga, e tra alti e bassi, dice sua madre, ci stava riuscendo. Da Genova era venuta a Rimini per farsi una vacanza a casa della nonna, a Viserba. Il suo cadavere era affiorato a poche decine di metri dalla riva, con addosso soltanto il reggiseno. L’autopsia aveva rivelato che la ragazza era morta annegata, e che era in uno stato di intossicazione acuta. Nel suo sangue c’erano morfina e metadone. Quella sera, avevano accertato, Anna era andata in spiaggia insieme ad alcuni conoscenti, e tra questi c’era anche Zakaria. Il quale se l’era cavata raccontando che Anna aveva assunto droga e che si era poi tuffata dagli scogli. Aveva battuto la testa, aveva sostenuto contrito, e si era sentita male. Ma invece di aiutarla era scappato, per paura di essere coinvolto. Era stato accusato di omissione di soccorso, ed era finita lì.

Ma poi si era aperto un’altro scenario, decisamente molto più inquietante. Ismaini non era chi voleva far credere di essere, troppi morti ammazzati lo seguivano: il magistrato aveva riaperto il caso e seguito la pista del marocchino. Nel corso del processo davanti alla Corte d’Assise, il medico legale era stato categorico. Per le condizioni in cui Anna si trovava, era molto improbabile che fosse in condizioni di raggiungere gli scogli. Aveva alcune lesioni alla testa che non potevano però essere compatibili con una dinamica come quella descrita dall’imputato. Non solo, erano state trovate anche altre lesioni e una perdita di sangue, chiaro segno di un rapporto sessuale.