Rimini, sesso con i clienti del bar, titolare ricatta la cameriera

L’uomo pretendeva dalla giovane che fosse ‘carina’. Lei accusa: "Voleva che mi prostituissi". Il pm apre un fascicolo

Una cameriera

Una cameriera

Rimini, 9 dicembre 2017 - Quando il titolare del bar per cui lavorava le aveva chiesto di essere ‘carina’ con i clienti, per un momento aveva creduto di aver capito male. Aveva invece compreso benissimo, e quando lei ha risposto chiaro e tondo che non aveva nessuna intenzione di prostituirsi con gli avventori del bar, è cominciata la persecuzione.

Alla sbarra per maltrattamenti ci sono ora il proprietario del locale, un 70enne riminese, e un’altra dipendente, di 50 anni. Ma è stato proprio nel corso del processo che si sta svolgendo in questi giorni che il pubblico ministero, Paolo Gengarelli, ha chiesto che per i due imputati vengano inviati gli atti in Procura, ravvisando il reato di induzione alla prostituzione.

I fatti risalgono al 2012. La ragazza romena, all’epoca 22enne, trova lavoro in un bar nella zona di Viserba, dove ci sono il titolare e un’altra cameriera. All’inizio, ha raccontato poi agli inquirenti, i rapporti tra loro filano via lisci, la trattano bene e quel lavoro le piace. Poi però cominciano delle strane allusioni, quelle, appunto, di essere ‘gentile’ con la clientela.

Cosa significa essere gentile? Lei è sempre gentile. La ragazza non capisce, o finge di non capire, fino a quando sia il titolare che la collega le spiegano chiaro e tondo cosa significa. In soldoni, il loro progetto su di lei sembrerebbe proprio quello di farla prostituire. Un bella ‘pubblicità’ per il bar che sicuramente si riempirebbe di clienti. La giovane risponde che lei non è una prostituta e si rifiuta categoricamente di accontentarli.

Da quel momento in poi la sua vita lì dentro cambia radicalmente. Sempre secondo il racconto della giovane, sia il titolare che la collega cominciano a trattarla come una serva. Non ha orari, nè diritto al riposo, non le consentono quasi di andare in bagno e quando vuole un bicchiere d’acqua, deve prendere quella del rubinetto. Quando la neve comincia a cadere copiosa (è l’anno del nevone), la promuovono a spalatrice ufficiale, e la costringono a stare ore in mezzo alla neve per liberare l’ingresso del locale. Capisce che il ‘trattamento’ che le stanno riservando è per costringerla ad andarsene, lei stringe i denti per un po’, ma poi decide di arrendersi e si licenzia.

Subito dopo però va a presentare una denuncia per maltrattamenti nei confronti di entrambi. I due, difesi dall’avvocato Luca Nebbia, finiscono sotto processo, ma è nel corso della scorsa udienza che scoppia la ‘bomba’. La giovane romena racconta sì i maltrattamenti che è stata costretta a subire, ma ci aggiunge anche il carico da novanta, raccontando di come le avevano chiesto di prostituirsi con la clientela del bar. A quel punto il pubblico ministero chiede che vengano inviati gli atti in Procura e ora i due imputati rischiano anche l’accusa di induzione alla prostituzione.