Rimini, incontri clandestini e degrado: scandalo al sole nella Bolognese

Viaggio nell’ex colonia trasformata in un albergo a luci rosse

L'ex colonia (foto Manuel Migliorni)

L'ex colonia (foto Manuel Migliorni)

Rimini, 14 settembre 2017 - Lo scandalo al sole alla Bolognese continua. Nessuno ha il ‘tacco 12’ solo perché siamo sulla spiaggia. Ma pantaloncini attillati e minicostumi la dicono lunga sulle frequentazioni maschili della spiaggia libera davanti alla ex colonia al confine tra Rimini e Riccione. Nonostante la ‘duna del piacere’ dove si nascondevano gli esibizionisti sia stata spianata manu militari, e nonostante i ripetuti blitz della polizia municipale – culminate con 4 sanzioni da 10mila euro per atti osceni – l’ex colonia è sempre più ‘albergo a ore’.

Sono le 10,30, sabbia bollente e trattative sulle tariffe all’ombre delle cabine. Se si trova l’accordo (20-30 euro) ci si sposta per un incontro clandestino nel ventre del gigante abbandonato. Dove a tarda mattina dormono ancora - in una delle casette pertinenziali separate dal corpo di fabbrica principale - alcuni uomini con la pelle scura, su brandine improvvisate e improbabili. Li vediamo, distesi, probabilmente dormono, dall’esterno: le finestre non ci sono da decenni.

Clandestini, spacciatori e clochard hanno il loro refugium peccatorum nell’accogliente ventre del gigante assopito. La Bolognese all’esterno ha ritrovato lo smalto dei tempi d’oro, grazie al (costoso e accurato) restauro fatto una decina d’anni fa - autorizzato dalla Soprintendenza -, quando il recupero del gioiello di architettura razionalista sembrava possibile. E’ finita male. Con passaggi di mano (da Aldo ‘Veleno’ Foschi alla Cmv di Nicolini) e procedure fallimentari. L’interno del complesso era e resta in sfacelo.

Soffitti e intonaci crollati, giacigli e letti improvvisati con resti di cibo e bottiglie vuote, servizi igienici fatti a pezzi, guano e sporcizia dappertutto, piccioni che hanno fatto il nido sotto i soffitti. Puzzo di muffa e urina. Macerie e polvere. Pezzi di vetro. Scritte e graffiti come se piovesse sui muri cadenti: «Kill your Family»; «Baby Newcastle», «UK Boy», «IK Border Force», «Lucio o biondo, Napoli». Il disegno di un uomo nudo, su una parete di sei metri, è firmato «Chumbo 31/3/2017». Al piano seminterrato boiler, vater a pezzi, mosconi già vecchi ai tempi del Duce, una stampante del Paleolitico.

Per entrare non occorre essere Arsenio Lupin: l’ex colonia è un gruviera. «Io non so niente, sono qui di passaggio», si spaventa un ragazzo in tanga cui chiediamo lumi sulla situazione. «Sto qui a prendere il sole, non ho visto niente di strano», dice un uomo sulla cinquantina che passeggia sulla spiaggia libera. «I traffici di prostituzione maschile tra gay ci sono soprattutto al pomeriggio, si fanno dare 30 euro, anche meno, entrano e consumano», racconta una persona del luogo, che chiede l’anonimato.

«Al mattino dentro ci vengono a dormire spesso extracomunitari che passano la notte in bianco, e non certo a raccogliere margherite», assicura. La colonia del Fascio Bolognese fu costruita su progetto dell’ingegner Ildebrando Tabarroni tra il 1931 e il 1932. Il complesso è formato da quattro padiglioni che ospitavano i dormitori e i refettori, intervallati da tre corpi di fabbrica più piccoli adibiti a uffici e sevizi. All’interno, un corridoio lungo 169 metri collega i vari padiglioni. Malconcio ma ancora affascinante l’affresco che incornicia il sottotetto: una delicata decorazione con festoni di frutta e amorini. Ma i protagonisti dell’andirivieni con la spiaggia, forse non ci fanno troppo caso.