Stupro di Rimini, la trans violentata racconta di aver visto le belve in faccia

La peruviana ha fornito molti particolari utili all’indagine

Stupro di Rimini, la transessuale violentata: "Ho visto le belve in faccia"

Stupro di Rimini, la transessuale violentata: "Ho visto le belve in faccia"

Rimini, 30 agosto 2017 - Il testimone chiave è la transessuale peruviana. A differenza dei ragazzi, devastati e frastornati, nonostante quello che ha subìto lei è stata in grado di essere molto precisa e ha dato una descrizione dei componenti del branco che sta aiutando molto gli investigatori. Chi vive sulla strada è abituato a difendersi, e la memoria è uno strumento non da poco. Lei sì che sarebbe in grado di riconoscerli.

Due con la pelle più chiara e due più scura, ha detto, raccontando nei dettagli anche come erano vestiti. «Mi hanno sorpreso alle spalle – ha detto agli inquirenti – strappandomi la borsa. Poi mi hanno trascinato dall’altra parte della strada, e ho perso le scarpe tagliandomi i piedi sulla strada». In quel punto c’erano dei cespugli, il posto ideale per consumare la violenza.

«Erano brutali, ma ho cercato di mantenere la calma». E quando ha capito che l’avrebbero violentata a turno senza scampo, li ha implorati di usare almeno il profilattico. Una lucidità che in quei momenti terribili solo la gente che vive il marciapiede riesce a mantenere. «Ho chiesto loro per favore di prendere almeno i preservativi che erano nella mia borsa, due l’hanno fatto, ma gli altri no».

Dopo averla stuprata, le hanno portato via soldi e cellulare, e hanno continuato dritti verso la Statale come un piccolo esercito di barbari, alla ricerca di altri scempi da consumare. Adesso lei è rintanata da qualche parte, ancora spaventata da quella furia cieca come anche le giovani priostitute che battono i marciapiedi del lungomare. E che dopo i fatti di venerdì chiamano le forze dell’ordine ogni volta che vedono avvicinarsi un gruppo di magrebini.

Intanto le indagini proseguono serrate sotto il più stretto riserbo. La Squadra mobile è impegnata notte e giorno nei riscontri alla pista che stanno seguendo in queste ore. Pista, ha confermato due giorni fa il procuratore della Repubblica, Paolo Giovagnoli, che potrebbe essere quella giusta e portare presto all’arresto di quelle quattro bestie inferocite.

Gli investigatori stanno anche scandagliando i cellulari che hanno agganciato la cella tefonica della zona di Miramare dove è avvenuta l’aggressione ai due ragazzi polacchi, un lavoro difficile e certosino, ma niente può essere trascurato. Ieri mattina, il vice console polacco Bartosz Skwarczynski che sta seguendo da vicino i due connazionali vittime dell’aggressione, è arrivato in procura per incontrare il procuratore. All’uscita non ha però voluto dire una parola, facendo capire che i due ragazzi vogliono solo essere lasciati in pace, terrorizzati all’idea che in Polonia vengano a sapere chi sono.

Il vice console ha confermato a Giovagnoli anche l’arrivo del pool polacco, disposto dal ministro della Giustizia del loro Paese: un magistrato, un interprete e due poliziotti. Tre donne e un uomo, che sono sbarcati ieri sera a Roma e che questa mattina arriveranno a Rimini, per affiancare in qualche modo i colleghi riminesi.