Rimini, 31 ottobre 2013 -  Sono state le note di una cornamusa ad accogliere i riminesi che hanno voluto prendere parte alla cerimonia di commemorazione, al cimitero monumentale di Rimini, nel ventennale della morte di Federico Fellini. Davanti alla ‘pruà di Arnaldo Pomodoro, l’opera che sovrasta la sepoltura del Maestro, di Giulietta Masina e del figlio, una piccola folla si è ritrovata con la nipote, Francesca Fabbri Fellini, e il sindaco Andrea Gnassi.

“Un anniversario, un ventennale per un uomo che è diventato patrimonio dell’umanità - ha detto Francesca -. Credo che l’idea di chiamare dei musicisti, e suonare una cornamusa, a Federico sarebbe piaciuta. Oggi sarebbe stato molto contento di vedere queste facce della sua Rimini intervenire per ricordarlo davanti a questa importante opera di Pomodoro che rappresenta qualcosa di molto bello. A proposito di questo monumento, zio Sergio (Zavoli) si è sempre battuto per farlo girare verso il mare, ma a me piace così com’è perché è come se desse il benvenuto a chi visita il cimitero. Sapere, inoltre, che a pochi metri dai miei zii riposa anche un personaggio come don Oreste Benzi mi fa bene al cuore”.
Gnassi ha annunciato che tra un anno e mezzo Rimini avrà la sua Casa del Cinema, all’ex Fulgor, “che permetterà a chi passa da queste parti di vedere e sentire Fellini”. La cerimonia si è chiusa sulle note di ‘Amarcord’. In occasione del ventennale in onore del regista riminese, alle 18 si inaugura la mostra ‘Fellini all’Opera', allestita fino al 6 gennaio.

Federico Fellini si spense a Roma 73enne, il 31 ottobre del 1993. Cinque mesi dopo lo raggiunse la moglie Giulietta Masina, compagna di una vita e protagonista di molti dei suoi capolavori. Cinque premi Oscar (quattro al Miglior film straniero, uno, il più importante, alla carriera), una palma d’Oro, dodici Nastri d’argento, tre David di Donatello. Ambizioso, ma legato alle sue radici, rientra nel novero degli eletti che si possono vantare di avere un proprio aggettivo: “felliniano”. 

Dalla natale Rimini giunse a Roma neanche ventenne per diventare giornalista, affermandosi come uno dei più interessanti autori satirici della capitale grazie a storie e vignette in cui manifestava un precoce talento visivo. Che presto portò anche al cinema: prima come sceneggiatore, poi come regista. Da “I vitelloni” (1953) in avanti la scalata di Fellini non si fermerà più: “La strada” (1954), “Le notti di Cabiria” (1957), “La dolce vita” (1960), “8 e ½” (1963) sono una sequenza micidiale che in dieci anni sintetizza una carriera.

Il regista era conscio della sua grandezza, e proprio per questo non perdeva occasione di scherzare su una realtà che aveva superato il sogno. Già, il sogno, cifra caratterizzante di tutto il suo cinema, capace di travalicare i confini del neorealismo in una sorta di realismo magico che sfiorava la verità attraverso la finzione, la menzogna: “Faccio un film - sosteneva - alla stessa maniera in cui vivo un sogno. Che è affascinante finché rimane misterioso e allusivo ma che rischia di diventare insipido quando viene spiegato”.

E proprio a Roma, anche la Camera ha voluto ricordare l'artista. “Il 31 ottobre 1993 moriva a Roma Federico Fellini, l’artista e intellettuale italiano che più di ogni altro ha segnato il Novecento italiano in ambito internazionale. Cinque premi Oscar, innumerevoli riconoscimenti prestigiosi in ogni parte del mondo: a vent’anni dalla sua scomparsa, Fellini continua a essere fonte di ispirazione per artisti e registi cinematografici (tra i tanti Sorrentino, Woody Allen, Tim Burton)”: questo l'intervento del deputato del Pd riminese Tiziano Arlotti alla Camera. Segnalando che anche Papa Francesco recentemente ha detto che Fellini era il suo regista italiano preferito, Arlotti ha ringraziato la presidente della Rai Anna Maria Tarantola per gli speciali su Fellini proiettati in questi giorni e il ministro Massimo Bray che ha riconosciuto l’interesse culturale dell’opera filmica “Che strano chiamarsi Federico” di Ettore Scola.