STRINGONO ormai i tempi per una decisione sul destino di Banca Carim, l’Istituto di piazza Ferrari posto in Amministrazione Straordinaria agli inizi di ottobre dello scorso anno dopo una difficile Ispezione condotta da Banca d’Italia nel corso del primi mesi del 2010 per i cui esiti la vicinanza con la Repubblica San Marino certo non ha giovato. Quello, però, è già il passato. Oggi Banca Carim guarda al suo futuro dopo mesi durante i quali, sotto il controllo dei due Commissari Straordinari, ha lavorato intensamente per essere pronta ad affrontare nuovi progetti.
Ma quali progetti? E per quale futuro? Sono domande queste le cui risposte, però, non interessano e non possono interessare solo la Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini e Banca Carim. Il futuro di Banca Carim è anche il futuro di Rimini, della sua provincia, dell’intero territorio in cui l’Istituto opera. Banca Carim, secondo gli ultimi dati ufficiali, sostiene l’economia locale con finanziamenti alle famiglie e alle imprese per oltre 3 miliardi di euro di cui 2 miliardi concentrati nella sola provincia di Rimini. Un mare di soldi che consentono alle famiglie di acquistare le loro case, agli artigiani di far crescere le loro attività, ai commercianti e gli operatori alberghieri di fare gli investimenti che servono per garantire un’offerta turistica al passo con i tempi.

ALLE PICCOLE e medie imprese di affrontare le difficoltà di un mercato che stenta a rivedere una ripresa adeguata. Banca Carim attraverso gli utili che ha distribuito ai suoi fedeli azionisti ha generato nuova ricchezza per molti piccoli risparmiatori; in particolare ha permesso alla Fondazione di finanziare importanti interventi a sostegno del sociale e della cultura di Rimini. Banca Carim, infine, dà lavoro a quasi 800 lavoratori la grande maggioranza riminesi, fonte di reddito per 800 famiglie, prospettiva di un futuro per le giovani generazioni. Ecco perché Banca Carim è un patrimonio per Rimini ed ecco perché nella sua scelta la Fondazione non può prescindere dal garantire che questi valori vengano preservati, nell’interesse di tutti.
 

NON SARÀ un compito facile quello di Palazzo Bonadrata anche perché Banca d’Italia presenterà il conto dell’Amministrazione straordinaria e le indiscrezioni parlano da tempo di cifre importanti: 100 milioni di euro, forse 150. Questo l’impegno per la ripatrimonializzazione di Banca Carim e questa l’ipoteca che grava sulle scelte future.
 

LA FONDAZIONE ha incaricato Mediobanca di assisterla in questa fase così delicata e Mediobanca il prossimo 16 giugno presenterà alla Fondazione le prime idee e proposte di soluzione. Alla vigilia di una decisione così importante abbiamo cercato di immaginare quali potrebbero essere gli scenari che Mediobanca prospetterà alla Fondazione per comprendere, al di là delle dichiarazioni d’intenti, quanto le diverse opzioni possano veramente tutelare gli interessi di Rimini, dei riminesi e del territorio.
E’ sterile e forse addirittura controproducente procedere con affermazioni di principio del tipo “la Carim deve rimanere riminese” se poi non si riesce ad individuare una soluzione credibile per ottenere tale risultato.
In questo momento si possono fare soltanto delle supposizioni e gli scenari possibili sono diversi.
In ogni caso si dà per scontato che sia la Fondazione che il territorio tirino fuori tutte le loro risorse per aiutare questo difficile momento per la Cassa.
 

MA MOLTO probabilmente tali risorse che potremmo definire “indigene” non saranno sufficienti e quindi il primo degli scenari possibili è quello che vede l’intervento di terzi investitori (non riminesi).
E’ ovvio che si tratterebbe di un player bancario/finanziario nazionale o addirittura internazionale, seppure attraverso le sue rappresentanze in Italia; un player finanziariamente solido, in grado di sostenere la Banca attraverso la sua ricapitalizzazione e la disponibilità di nuovo know how e di nuovi prodotti.
 

CONSIDERATA l’entità dell’aumento di capitale, se fossero confermate le indiscrezioni, si tratterebbe di una partecipazione importante ma che potrebbe lasciare alla Fondazione il 51% che serve per continuare a governare la Banca.
Potrebbe sembrare la soluzione più facile ma non mancano interrogativi preoccupanti.
Perché una tale investitore (banca o assicurazione o fondo) dovrebbe investire 150 milioni di euro in Banca Carim per poi lasciare che tutte le decisioni vengano prese dalla Fondazione?
Che interesse avrebbe, in un momento in cui molti gruppi bancari stanno ricorrendo al mercato con aumenti di capitale in vista di Basilea 3, ad impiegare una risorsa oggi così scarsa come la liquidità senza avere un adeguato ritorno sull’investimento?
 

DIFFICILE PENSARE ad un investimento meramente finanziario anche perché il report annuale sullo stato dell’economia e del credito in Emilia Romagna presentato la scorsa settimana ha messo in evidenza un quadro ancora critico.
Difficile anche immaginare che un tale investitore valuti come sottostimato il patrimonio Carim e quindi preveda un guadagno nel breve tempo.
 

E SE INVECE fosse solo il primo passo per condizionare la gestione della Banca attraverso i propri rappresentanti in Consiglio di Amministrazione? E se attraverso questi condizionamenti mirasse ad aumentare nell’arco di poco tempo la propria partecipazione fino ad assumere il pieno controllo della Banca?
 

E SE DIETRO questo “salvataggio” ci fosse alla fine l’obiettivo di incorporare Banca Carim per conseguire legittimi recuperi di efficienza e ridurre i costi strutturali? In questa prospettiva strategica l’interesse di una banca ad investire oggi 150 milioni per ricapitalizzare Banca Carim sarebbe certo molto più comprensibile. Ma avrebbe senso per Rimini?
Guardando a quello che è successo anche in un passato recente in altre realtà italiane è facile prevedere che in questo scenario il sostegno alle famiglie e all’economia locale si ridurrebbe significativamente. Gli utili distribuiti verrebbero “da lontano” e non avrebbero certo l’entità a cui i risparmiatori e la Fondazione sono stati abituati in passato. Sicuramente verrebbero persi numerosi posti di lavoro o comunque si avrebbero dei trasferimenti altrove. Tutta Rimini si scoprirebbe alla fine più povera.
 

POTREBBE Sembrare uno scenario apocalittico, ma sicuramente è un rischio serio da tenere in considerazione.
Anche se Mediobanca dovesse reperire un tale player rimarrebbe poi sulle spalle della Fondazione riuscire a “domarlo” e per fare ciò occorre una Fondazione unita e preparata ad affrontare soggetti di levatura nazionale se non internazionale.