Mercoledì 24 Aprile 2024

Massacro in famiglia, tre ipotesi e il nodo dei problemi economici

Per Adriana e Alvaro solo lavori saltuari. Il Comune di Misano valuta se indire il lutto cittadino

Da destra Adriana Andrea Stadie e Alvaro Alonzo Cerda Cedeno

Da destra Adriana Andrea Stadie e Alvaro Alonzo Cerda Cedeno

Rimini, 15 gennaio 2015 - L'autopsia e gli esami tossicologici sveleranno come sono morti Sophie, Adriana e Alvaro. Ma la sequenza esatta dell’orrore, quella se la sono portata nella tomba. Perchè non è più così certo chi ha ucciso chi. I carabinieri della Compagnia di Riccione, coordinati dal sostituto procuratore Luca Bertuzzi, in queste ore stanno cercando di mettere insieme i tasselli di questo tragico puzzle, ma nella ricostruzione della strage di Misano ora le ipotesi sono diventate tre. Anche se all’origine c’è un unico movente: la disperazione. Quella di non avere un lavoro e di trovarsi nelle condizioni di non poter pagare l’affitto. Per questo sono morti in mezzo alla gente, lasciando accese le luci e la televisione. Ora il Comune di Misano sta valutando se dichiarare il lutto cittadino

Quando martedì pomeriggio erano stati scoperti i cadaveri dei tre componenti della famiglia e quello dell’amatissimo cane, gli inquirenti sembravano quasi certi che a compiere quella mattanza fosse stato Alvaro Cerda, 35 anni, ecuadoregno, marito e patrigno delle altre due vittime, Adriana, argentina, di 44 anni, e la figlia di questa, Sophie, 15. Ma adesso non si esclude che possa essere stata invece Adriana a decidere di farla finita. Una pasticciera con i fiocchi, ridotta ad arrabattarsi in qualche fiera o facendo l’interprete per i carabinieri. Una frustrazione che l’aveva fatta precipitare nella depressione, da cui si curava presso il Servizio di igiene mentale. In casa hanno trovato gli antidepressivi, anche se niente di particolarmente forte. E allora è anche possibile che sia stata lei ad ‘addormentare’ il cane e la figlia, per poi stendersi accanto a loro e morire insieme. Alvaro potrebbe averle trovate quando era già tardi, e aver deciso di seguirle. La terza ipotesi è quella del ‘suicidio di famiglia’. E cioè che Adriana e Alvaro, in un momento di sconforto possano avere pianificato tutto insieme, decidendo che il marito sarebbe rimasto a ‘vegliare’ la fine. L’unica cosa certa è che lui è stato l’ultimo a morire, dopo avere coperto i loro corpi fin sopra il volto.

Che cosa abbia ucciso le due donne e il piccolo Yorkshire, lo accerteranno solo gli esami medici. L’agonia di Alvaro, invece, è documentata dalle tracce che ha lasciato per tutta la casa. Il corpo è stato trovato nel corridoio, ma ci sono tracce ematiche anche in cucina e in bagno. La quantità di sangue maggiore era sul divano del salotto, dove è stata trovata anche la lametta con cui si è squarciato i polsi. A differenza di madre e figlia, entrambe completamente vestite, lui indossava invece soltanto mutande e maglietta, ed era a piedi nudi.

Disperazione e solitudine. Alvaro, vice cuoco, aveva trovato un’occupazione estiva in un locale nella zona del Marano, ma dall’agosto scorso non aveva più un lavoro. Dicono avesse provato anche ad andare in Spagna e che Adriana l’avesse seguito per un paio di settimane. Ma, raccontano, Sophie in quel Paese non ci voleva andare. L’unico ad aiutarli, era il padre naturale della ragazzina. Un sammarinese che non ha problemi economici, ma un’altra famiglia, e che non ha mai voluto riconoscere Sophie. Probabilmente è stato il senso di colpa a fargli tirare fuori i soldi dell’affitto, quando per tre mesi la famiglia non era stata in grado di pagarlo.

Ma quello che gela il sangue, è la solitudine in cui se ne sono andati. Mentre i tre cadaveri si decomponevano nell’appartamento al primo piano della villetta di via Vanzetti, la vita del quartiere scorreva via inconsapevole e indifferente. I padroni di casa, che vivono al piano di sopra, erano convinti che la famiglia fosse partita, e si limitavano a nutrire il gatto dei loro inquilini che continuava a miagolare. Il padre di Adriana era tornato invece in Argentina, e i rapporti erano tutt’altro che cordiali. Dal 21 novembre nessuno li aveva più visti nè sentiti, e non c’era più nemmeno l’auto, di solito parcheggiata di fronte a casa. I carabinieri l’hanno trovata qualche strada più in là. Ma una finestra era aperta e la serranda sollevata di almeno 10 cm. Lo spazio sufficiente perchè il gatto di casa, unico sopravvissuto alla strage, potesse andare e venire a suo piacimento. Bastava accostarsi a quella finestra per sentire l’odore nauseabondo dei cadaveri in putrefazione. Ed è quello che ha fatto martedì pomeriggio un carabiniere, su insistenza della figlia, amica di Sophie, preoccupata per quella strana assenza e per un cellulare muto da troppo tempo. Non solo. Dentro l’appartamento pieno di morti, in un sinistro contrasto c’erano le luci accese di corridoio, cucina e bagno. E accesa era anche la televisione del salotto.