Strage a Misano, parla il padre della donna morta

Nella villetta di via Vanzetti il 13 gennaio del 2015 furono ritrovati morti madre, figlia e patrigno. "Le cose non sono andate come dicono i magistrati"

La famiglia trovata morta nella villetta di Misano (foto piccola) dopo quasi due mesi dal decesso: le due donne erano state uccise dal monossido di carbonio, mentre lui aveva i polsi tagliati

La famiglia trovata morta nella villetta di Misano (foto piccola) dopo quasi due mesi dal decesso: le due donne erano state uccise dal monossido di carbonio, mentre lui aveva i polsi tagliati

Rimini, 20 giugno 2016 - "Le cose non sono andate come dicono i magistrati. Non è stata una disgrazia, mia figlia, mia nipote e Alvaro sono stati uccisi. Io voglio che scoprano la verità». Manuel Stadie, padre Adriana, una delle vittime della strage nella villetta di Misano, non crede alle conclusioni della Procura, che un mese fa ha chiesto che il caso venga archiviato, concludendo che a uccidere madre e figlia con il monossido di carbonio sia stata una stufetta che però non è mai stata trovata, e che poi Alvaro Cerda, marito di Adriana e patrigno di Sophie, si sia ucciso dopo averle trovate morte.

Un’archiviazione contro cui gli avvocati Marco De Pascale e Luca Greco che rappresentano il padre e la sorella di Adriana, hanno depositato ieri un’opposizione. A cui si è aggiunta quella di Stefano Caroli, legale della sorella di Alvaro. La ricostruzione degli inquirenti non li convince, e chiedono che venga approfondita anche la posizione della famiglia che vive al piano di sopra della casa dove si è consumata la tragedia. Dall’Argentina, Manuel insiste che venga fatta giustizia. «Anche se non ho prove – dice – sono convinto che siano stati ammazzati. Due maghi mi hanno detto la stessa cosa: che ci sono di mezzo i soldi, tanti soldi. Io credo che i magistrati abbiano solo voluto chiudere la pratica».

L’orribile scoperta nella villetta di via Vanzetti a Misano, venne fatta il 13 gennaio del 2015. Adriana Stadie, pasticciera argentina, di 44 anni, la figlia Sophie, 15, erano stese sul letto insieme al cagnolino. Sui loro corpi nessun segno di violenza, a differenza che su quello del marito di Adriana, Alvaro, 35 anni, equadoregno, trovato invece nel corridoio con i polsi tagliati. L’autopsia stabilì che erano morti da almeno due mesi, e la cosa sconcertante è che nessuno si era accorto di nulla: nessuno li aveva cercati. Gli inquirenti sospettarono all’inizio che si fosse trattato di un omicidio-suicidio, ma poi il giallo si infittì quando scoprirono che le due donne erano decedute per avvelenamento da monossido di carbonio. A differenza di Alvaro, morto invece dissanguato.

Alla fine, gli investigatori conclusero che madre e figlia erano morte accidentalmente e che quando lui le aveva trovate, si era ucciso per la disperazione dopo avere portato all’esterno la fantomatica stufetta. Ma per gli avvocati troppe cose non quadrano. La prima è che i proprietari della villetta che abitano di sopra non hanno mai trovato la stufetta in questione. Ne hanno una di loro proprietà, rinvenuta in garage solo successivamente ai primi sopralluoghi dei carabinieri, ma che pare non centrare nulla. Molte le domande senza risposta.

«Troppo precipitosamente – scrive l’avvocato Greco nell’opposizione all’archiviazione – gli inquirenti hanno escluso l’ipotesi di una manomissione della caldaia a opera di terzi... e non doveva scartarsi l’ipotesi che chichessia fosse entrato nell’appartamento prima che i cadaveri venissero trovati». E ancora «sorprende la carenza di indagini fra le persone vicine al padre naturale di Sophie, un noto imprenditore dal non trascurabile patrimonio. Alcune ipotesi sono state scartate, pur necessitando di maggiori approfondimenti». Non ultima, «la possibilità che il gas letale potesse essere stato prodotto da una reazione chimica innescata da qualcun’altro all’interno dell’appartamento».