Rimini, 26 maggio 2013 - I tempi del Pci sono lontani. E non è solo il calendario a rimarcare la distanza tra i vecchi compagni e il Pd. Ci sono anche i numeri che, impietosi, raccontano la storia di una grande fuga. Correva l’anno 1981 e la sezione riminese del Pci poteva contare su 19.339 iscritti. Il punto più alto mai raggiunto.

Un’era politica fa. Dall’anno successivo partì il lento e inesorabile declino dei tesserati che chiuse la sua parabola nel 1991 con gli 11.740 iscritti. Una cifra che oggi è molto più di un miraggio per il Pd provinciale. L’onda della disaffezione ha eroso voti, consensi e anche simpatizzanti. All’atto della fondazione dei partito democratico nel 2007 i tesserati erano meno di 9mila: oltre 7mila provenienti dai Ds, gli altri dalla Margherita.

Nel 2012, appena sei anni dopo, i tesserati erano appena 4mila. Più che dimezzati. "Quest’anno non sarebbe male arrivare a 3500 — dice Renzo Casadei, tesoriere del partito — Non c’è stato però un crollo verticale, ma una lenta perdita di iscritti. Ogni anno abbiamo perso un centinaio di tesserati fino a raggiungere questi numeri. La delusione tra i nostri simpatizzanti si sente eccome e il risultato è stato quello che in tanti decidono di non rinnovare la tessera. Lo vediamo anche nel numero di volontari e attivisti che sono sempre meno".

Un doppio problema per il Pd: uno d’immagine, legato al calo degli iscritti, e uno economico per il mancato incasso delle quote. "E parte di quanto incassato con le tessere, all’incirca il 10 per cento, finisce a Roma" sottolinea Casadei. Soldi che non fanno mai il percorso inverso. "Non riceviamo finanziamenti da Roma — spiega ancora il tesoriere — La sezione di Rimini si sostiene con mezzi propri". Il che significa le succitate tessere, i proventi di feste ed eventi, qualche contributo e donazione spontanea, e le quote che tutti gli amministratori eletti con il Pd versano nelle casse del partito.

Dai due deputati eletti in Parlamento fino all’ultimo dei consiglieri comunali infatti devono finanziare le casse del partito. Quanto? Bocche cucite in casa Pd, ma la quota dovrebbe essere di circa il 10 per cento di quanto incassato. Linfa vitale per il Pd. "L’ultimo bilancio che abbiamo presentato è quello del 2011 — conclude il tesoriere Casadei — e siamo riusciti a chiuderlo con un leggero attivo. E’ un fatto insolito visto che normalmente si chiude in pareggio, ma due anni fa abbiamo avuto più contributi del solito grazie alle elezioni comunali di Rimini". Un piccolo ‘tesoretto’ da difendere ora che l’abolizione del finanziamento ai partiti sembra cosa fatta. Non si sa mai che qualcuno da Roma pretenda un obolo.

Filippo Graziosi