Riccione, 29 novembre 2012 - E SE L’ISOLA delle Rose, quell’utopia sessantottina al largo di Rimini risorgesse più grande, più bella al largo di Riccione? I sogni dovranno lasciare il posto ai project financing visto che si parla di una nuova Atlantide da un miliardo di euro (guarda le foto del progetto), ma è pur vero che è passato quasi mezzo secolo.
I soliti romagnoli, capaci di vendere l’ombra a peso d’oro?
«In effetti, quando ci siamo presentati ai ministeri romani col progetto abbiamo temuto di non venire presi sul serio...».
Parola di Luca Emanueli, direttore di Sealine, il centro di ricerca per lo sviluppo dei sistemi costieri e del turismo del Dipartimento di Architettura dell’Università di Ferrara. A quel sogno, che fu vagheggiato nel lontano 1977 da Arnaldo Tausani, lui e un gruppo di giovani architetti, affiancati da un team di specialisti multidisciplinare, stanno lavorando da quattro anni, seguiti passo passo dall’amministrazione comunale di Riccione e dagli altri Comuni della costa: Misano, Cattolica e Gabicce. Il progetto è un acronimo che poco ha di romagnolo: T.H.ER.E. cioè Touristi hub Emilia Romagna est.
In questa fase sono messe a confronto più alternative ma si lavora su atollo di quasi un chilometro di diametro a quasi 6 chilometri al largo di Riccione occupato per un terzo da un porto e per il resto da una laguna, un parco, attività turistiche, centri di ricerca, spazi pubblici, appartamenti esclusivi, hotel, ristoranti, centri benessere e soprattutto un terminal capace di accogliere le navi da crociere e i loro due-tremila ospiti in vena di shopping.
Un’opera del genere non si è mai vista in Italia.
«Esistono regole e legislazioni per i porti, le piattaforme petrolifere, i pontili, gli allevamenti di mitili... ma un’isola artificiale non è semplicemente contemplata», spiega Emanueli.
Basterebbe questo a immaginare indolenti dinieghi nei ministeri romani...
«Invece abbiamo avuto l’impressione che i funzionari delle Infrastrutture e dell’Ambiente, dopo secoli passati a fare le stesse cose, avessero finalmente voglia di affrontare una nuova sfida. Ci hanno aperto le porte, hanno abbattuto gli ostacoli fra un ministero e l’altro. C’è chi è arrivato a dirci che ‘solo perchè viene dall’Emilia Romagna lo prendiamo sul serio’».
Però a Roma non vi siete presentati ‘scalzi’.
«Abbiamo uno studio molto accurato che io definirei di ‘credibilità’. Molto vicino ad uno studio di fattibilità col quale andremo alla Valutazione di impatto ambientale».
Ma di questi tempi chi tira fuori un miliardo di euro?
«Ci sono fondi di investimento che sotto i 500 milioni non iniziano neppure a trattare. E i contatti già ci sono... Forse forse non sono i soldi il principale problema»
Fanno più paura i Verdi?
«In realtà l’isola è un territorio ipernaturale, cioè in grado di sincronizzarsi col resto del territorio e dell’ambiente, dove il vecchio e il nuovo si fondono».
Forse non basta a convincerli...
«La costa romagnola è quanto di più antropico si possa immaginare. Non solo la terraferma, ma anche il mare è urbanizzato: piattaforme, gasdotti, impianti di mitili, scogliere, barriere soffolte... Una qualsiasi funzione o edificio ha un’impronta sulla terraferma nettamente maggiore di quella che può avere in mare».
Se immaginiamo Dubai?
«Immaginatela e poi dimenticatela. Non c’entra nulla. Questo sarà un pezzo di territorio con la propria identità. Nel quale ritrovare quella voglia di sperimentare propria della Romagna che oggi si è perduta»
Diciamo almeno che sarà un’isola molto green.
«Totalmente autosufficiente, dall’acqua, all’energia elettrica ai rifiuti, con una gestione a ‘ciclo chiuso’. Una smart island»
 

Pier Luigi Martelli