Riccione (Rimini), 19 aprile 2014 - LA STORIA era di quelle che aveva fatto parlare tutta Riccione e non solo. La fama dei due tipi, un uomo e una donna che avrebbero messo le corna ai rispettivi partner si è amplificata poi nell’aula di giustizia dove alla fine l’altro ieri il suocero dei due fedifraghi è stato condannato a quattro mesi, pena sospesa, per esercizio arbitrario delle proprie ragioni. Insomma il gip ha riconosciuto che qualche cosa aveva effettivamente da recriminare nella faccenda il padre dei due ragazzi, un uomo e una donna, che gli altri due avrebbero tradito. Solo che non avrebbe dovuto avanzare rischieste dal sapore ricattatorio.

MA ripartiamo dall’inizio. E’ nel corso del 2011 che un imprenditore riccionese si accorge che c’è un po’ troppo legame tra il fidanzato della figlia e quella del figlio. I suoi due ragazzi infatti abitano tutti nella stessa palazzina in cui lui vive con la moglie. I sospetti si fanno ogni giorno più forti. Li vede troppo spesso scendere e scalire le scale insieme, ridere e scherzare, gli è entrato un tarlo in testa e deve andare in fondo. Così assume un investigatore privato perchè indaghi su cosa ci sia dietro quell’amicizia. Non molto tempo dopo il detective gli porta delle fotografie dei due ragazzi in automobile insieme. Poi gli presenta il conto: 28mila euro.

L’imprenditore spiattella i suoi sospetti e mostra le foto ai figli. Nessuno dei due però crede al tradimento, che peraltro i protagonisti negano strenuamente. E’ a quel punto che l’imprenditore scrive al futuro genero chiedendo di risarcirgli i 28mila euro pagati all’ investigatore che ha accertato i rapporti con la cognata. Se non lo avesse fatto gli avrebbe mandato la Finanza in azienda.

ANZICHE’ versare l’obolo però il giovane si rivolge all’avvocato Armida Urbinati e denuncia il quasi suocero per tentata estorsione. Di qui il processo che ha visto imputato l’imprenditore riccionese. Difeso dall’avvocato Veniero Accreman l’uomo ha sempre sostenuto di aver solo agito nell’interesse dei suoi figli e senza alcuna intenzione di ricattare. Il pm invece nella precedente udienza aveva chiesto una condanna a un anno e 8 mesi. Il giudice ha ritenuto che non si fosse strattato di uan tentata estorsione, ma lo ha condannato a 4 mesi per esercizio abusivo delle proprie ragioni. Insomma ha proprio esagerato. Il sipario su questa boccaccesca vicenda scende con questa lieve condanna.

lo.la.