Terremoto in Nepal, "Qui la terra continua a tremare, siamo soli e abbiamo paura"

Due ragazzi di Verucchio intrappolati a Kathmandu

Marco Filanti durante il viaggio

Marco Filanti durante il viaggio

Rimini, 27 aprile 2015 - «Ci siamo rifugiati in un campo, lontano dai palazzi che stanno crollando. Qui è terribile, noi stiamo bene ma non sappiamo dove andare, nessuno ci dice cosa fare». La voce di Marco Filanti arriva a tratti da Kathmandu, la linea cade continuamente. Marco ha 26 anni, vive a Verucchio, e il viaggio in India e Nepal era il suo regalo di laurea. E’ arrivato il 15 febbraio e sarebbe dovuto rientrare il 15 maggio, insieme all’amica, Roberta Zangoli, anche lei di Villa Verucchio. Ma quella che doveva essere una bella avventura si è trasformata nel peggiore degli incubi: ora sono intrappolati là, in mezzo a morti e macerie.

«Siamo in quattro – dice Marco – con noi, ci sono anche due ragazzi di Torino e Vicenza. Il nostro albergo è pieno di crepe e stanotte siamo stati costretti a dormire in piazza. Poi abbiamo girovagato per ore, e ci siamo fermati in questo campo ad aspettare altre scosse. Crediamo che sia l’unico posto sicuro. Le informazioni arrivano a singhiozzo, i telefoni non funzionano quasi per niente. Non si riesce a capire nemmeno l’entità della tragedia. Abbiamo cercato il consolato, ma lì ci hanno detto di aspettare. Nel frattempo dobbiamo arrangiarci. Ma la situazione qui è drammatica. Le case e i palazzi più nuovi hanno retto, ma gli altri sono andati giù. La gente è disperata, tutti dormono per strada o vagano senza meta, l’esercito è poco attrezzato e nessuno ti dice cosa fare o dove andare». La prima preoccupazione di Marco è stata quella di avvisare la famiglia, per dire che era vivo. «So che i miei si sono messi in contatto con la Farnesina, ma nessuno ci ha ancora conttato. Non abbiamo idea se ci sia un posto di raccolta per gli italiani, nè come uscire dalla città. Noi venivamo dall’India e abbiamo da lì il biglietto di ritorno. Abbiamo provato anche telefonare anche al console italiano a Calcutta, ma senza risultati».

Chiedono che qualcuno li riporti a casa e sperano che prima di notte si facciano vivi dalla Farnesina. Il volto della città è talmente cambiato che loro non sanno nemmeno dove si trovano esattamente, e molte strade sono impraticabili. Marco non ha la voce di uno che si perde d’animo facilmente, ma ammette che la paura è tanta. «Con gli altri stiamo cercando di capire dove sistemarci per la notte, qui comincia a girare la voce che arriverà un’altra grossa scossa. Ce se sono di continuo, piccole ma frequenti.». Poi la conversazione si interrompe e da quel momento Marco non è più raggiungibile». Mamma Carla cerca di stare tranquilla, ma ha la voce che le trema. «Siamo riusciti a sentirli e so che stanno bene. Hanno provato a muoversi da soli, ma non ce la fanno. Tutti dicono di aspettare, ma devono riportarli a casa».

al.na.