"Sei tunisino, in discoteca non entri"

Condannato buttafuori 38enne di Taglio di Po, con l'aggravante della discriminazione razziale

Tribunale (foto d'archivio)

Tribunale (foto d'archivio)

Rovigo, 30 ottobre 2014 - Lasciato fuori dalla discoteca perchè tunisino. Una vicenda controversa, accaduta nell’estate del 2009 davanti alla discoteca Barracuda del Lido di Spina, per la quale era finito a processo Omar Passarella, buttafuori 38enne di Taglio di Po. L’uomo doveva rispondere di violenza privata aggravata dalla discriminazione razziale e ieri mattina il giudice del tribunale di Ferrara, Franco Attinà ha emesso una sentenza di condanna a sei mesi (pena sospesa) per l’operatore del locale. La decisione finale è stata l’esito di un ‘bilanciamento’ tra le aggravanti e le attenuanti generiche, che il tribunale ha concesso: il risultato è stato un dimezzamento della pena richiesta dal pm onorario Elisa Bovi (un anno). Alla fine di tutto è però rimasta l’aggravante di discriminazione razziale, mentre è venuta a cadere quella legata alla minore età del giovane nordafricano.

L’udienza di ieri si è aperta con le parole dell’allora responsabile della sicurezza del locale, che ha spiegato come quella del lamentarsi di essere lasciati fuori per motivi etnici fosse «una scusa molto diffusa tra i clienti stranieri». Secondo le accuse invece, il ragazzo (all’epoca dei fatti nemmeno 18enne) si sarebbe sentito rispondere che quella sera i tunisini non sarebbero stati fatti entrare. 

Non solo, sempre secondo l’impianto accusatorio, il buttafuori avrebbe spintonato il ragazzo per impedirgli di entrare nel locale. «L’imputato — ha ricostruito in aula il legale di parte civile Cinzia Rizzatello — chiese al ragazzo di che nazionalità fosse. Alla risposta del giovane, lui gli disse che quella sera i tunisini non potevano entrare». Una ricostruzione rigettata in pieno dalla difesa di Passarella, sostenuta dall’avvocato Flavio Cattabriga. «Il ragazzo fu lasciato fuori — ha detto nel corso dell’arringa — perché era conosciuto come un disturbatore.

E l’agenzia che gestisce il locale aveva dato indicazioni di non fare entrare i disturbatori. La selezione era in base a questo elemento e non in base alla nazionalità». Difesa che però non è servita a nulla, dal momento che il giudice, dopo appena 20 minuti di camera di consiglio, ha pronunciato una sentenza di condanna, senza far cadere l’aggravante di discriminazione razziale. Una decisione per la quale la difesa ha già anticipato che ricorrerà in appello, non appena saranno rese note le motivazioni.