Costituzione violata

Le motivazioni dell’ordinanza che ha disposto l’arresto del sindaco Pd di Lodi appaiono in forte tensione col quadro costituzionale e più in generale con l’esigenza di equilibrio tra poteri, inserendosi in una tendenza che negli ultimi anni ha portato a casi più gravi: la procura di Palermo è arrivata a tentare di interpretare in modo restrittivo le funzioni della Presidenza della Repubblica, ma è stata poi smentita dalla Corte costituzionale; la procura di Trani si è vista smentita prima dal Senato e poi dalla Cassazione nel tentativo di utilizzare decisioni assunte in sede parlamentare e come tali non sindacabili. In questa tendenza a superare l’equilibrio tra poteri e a eludere le garanzie relative alla libertà personale e il principio della soggezione del giudice alla legge, al netto di altre discutibili affermazioni di carattere psicologico e del rilievo del reato imputato, sembrano iscriversi almeno quattro passaggi.

Il primo è il seguente: «Con l’attuale progresso tecnologico, è impossibile riuscire a monitorare e controllare costantemente gli indagati sottoposti agli arresti domiciliari». Questo passaggio enuncia le motivazioni di una norma generale ed astratta: può ben figurare in una proposta di legge, ma non in un atto giudiziario che interviene sul caso singolo. Il giudice ci sta dicendo che non concederà mai a nessuno in nessun caso i domiciliari, come se lì la legge fosse stata abrogata. Sempre lesiva del ruolo del legislatore, oltre che discriminatoria, è una seconda affermazione: «La conoscenza che hanno degli strumenti investigativi, per il ruolo politico sociale rivestito dall’Uggetti e per le cognizioni tecniche proprie del Marini quale avvocato, impongono la prigione». Anche qui le motivazioni trascendono il caso singolo e finiscono per coinvolgere le categorie dei sindaci e degli avvocati. Il giudice ci avvisa quindi che lì si impone una norma generale da lui creata per la quale sindaci e avvocati indagati per quel reato devono essere arrestati.

Un terzo passaggio pone problemi altrettanto gravi, quando si dice «ha tradito l’alta funzione e l’incarico attribuito .. violando non solo le normative di settore ma prima ancora il mandato politico di tutela, perseguimento e attuazione del primario bene collettivo e pubblico». Finché si parla di violazione di normative di settore tutto bene, ma se si pretende di valutare il tradimento del mandato politico siamo in quello di valutazioni affidate agli elettori e agli eletti in consiglio comunale, gli unici che possono rimuovere il sindaco non rieleggendolo o sfiduciandolo. C’è poi un quarto passaggio preoccupante solo sotto il profilo della libertà personale: «La personalità negativa dei due imputati porta a ritenere con decisa verosimiglianza che gli stessi abbiano potuto sistematicamente gestire la cosa pubblica con modalità illecite». Ora che in un ordinamento in cui è sancita solennemente la presunzione di innocenza possa essere ritenuta sufficiente una «decisa verosimiglianza» mi sembra difficilmente sostenibile. Non si tratta di dibattere astrattamente di complotti o di attentati all’autonomia, ma di puntuali problemi di rispetto della Costituzione che dovrebbe valere per tutti i poteri, senza sconti per nessuno.