Rovigo, 17 gennaio 2010. HA REGALATO l’ultimo sorriso agli amici e all’improvviso, dopo una smorfia di dolore, si è accasciata a terra senza più riprendere conoscenza. E’ morta così, la scorsa notte allo Studio 16, una discoteca di Rovigo, la 29enne Evelyn Milan, residente a Lendinara. Soffriva di cuore ma nulla avrebbe lasciato pensare a una tragedia. Una vita spezzata in pochi istanti in mezzo al frastuono della musica che è andata avanti come se nulla fosse successo. Una scelta che ha lasciato sgomenti molti dei suoi amici.

EVELYN arriva nel locale verso le due di notte con quattro amici. Ordina un cocktail, quando si sente male. Cade a terra: è pallida, la bocca semiaperta. Sono le 2,52. Viene adagiata su un divanetto. Qualcuno tenta di soccorrerla ma la situazione è disperata. I medici arrivano alle 3,23: a nulla serve l’adrenalina e il defibrillatore. Evelyn viene portata in ospedale. Ma per i dottori è priva di vita. La polizia cerca di ricostruire l’accaduto grazie alle voci degli amici. Sono loro a raccontare l’amarezza e lo stupore per quella musica che ha continuato a martellare incessante durante i soccorsi.

«E’ STATA una scelta per evitare che si creasse il panico — risponde però Gaudenzio Ferrari, responsabile del locale —. Abbiamo fatto in modo che i soccorritori avessero la strada libera e che non si avvicinassero dei curiosi. Era una delle nostre migliori clienti. Era gentile ed educata, mai vista bere. E’ una perdita grave per tutti».

MALATA dall’età di 5 anni, la ragazza era in terapia con dei farmaci salvavita. Figlia unica, abitava con il padre Massimo, di professione camionista e la mamma Rosalia, che ha un negozio di tessuti e abiti. Spesso Evelyn dava una mano alla madre, nel tempo lasciato libero dal suo lavoro di segretaria part time in un’azienda di Rovigo. Diplomata in ragioneria, la giovane aveva studiato a Lendinara. Con problemi cardiaci fin da piccola, non aveva mai lasciato che questo aspetto condizionasse la sua vita: dedicava moltissimo tempo al volontariato, nella parrocchia di Santa Sofia, e agli amici.

«Sapevamo che aveva dei problemi di salute — spiega Fabio Paparella, uno dei suoi amici — ma aveva una voglia incredibile di vivere. Speravamo che almeno qualcuno della discoteca chiedesse se c’era qualche medico in sala. E’ passata circa mezz’ora, poi i sanitari hanno fatto di tutto per rianimarla. In un primo momento sembrava quasi che ci fossero riusciti. Poi la situazione è precipitata e non c’è stato niente da fare». 

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