Rovigo, 12 ottobre 2011 - Pattaro è completamente pelato, con il pizzetto e un po’ di pancetta, Scattolin ha perso la sua bionda criniera ma ha il solito fisico tutto nervi, Centenaro ha messo su qualche chilo, Mancin incredibilmente è sempre uguale.
A più di qualcuno questi nomi ricordano qualcosa, un qualcosa che è rimasto nelle loro menti e nei loro occhi. Perchè hanno fatto la storia del Rovigo calcio o almeno una parte. Quella degli anni a cavallo fra gli ’80 e i ’90, quando si giocava in Interregionale, l’attuale serie D. Quando ancora c’era la vecchia tribuna dalla quale vedevi le partite con il binocolo e il campo si chiamava Tre martiri.

Da quest’anno la società è sparita per colpe che hanno diversi nomi. Purtroppo quel che conta è che la maglia biancazzurra del Rovigo è rimasta negli spogliatoi del «Gabrielli» e non la vedremo nemmeno nei campi di Terza categoria.
Ecco perchè quella dell’altra sera all’hotel Regina Margherita è stata un’occasione unica, almeno per non dimenticare che il Rovigo ha una storia fatta anche di grandi nomi e di grandi persone. Ed è un peccato che sia stata cancellata di colpo, quasi in silenzio.
Grandi uomini come Eraldo Mancin, il mister, capace da giocatore di vincere due scudetti con Cagliari e Fiorentina e poi sedere per alcune stagioni sulla panchina del Rovigo. «Non alleno più da diversi anni — dice — dopo Rovigo e alcune esperienze di qua e di là mi sono stancato. Non ne potevo più di dirigenti che volevano fare di tutto, anche gli allenatori. Invece con questi qua ci si scontrava anche, ma ci si parlava in faccia, non alle spalle. E poi ognuno stava al suo posto. Adesso faccio il nonno a tempo pieno». I dirigenti di un tempo erano Brigo, Zannato, Zuolo, Patrese, Ferraresi presenti pure loro alla serata.

Una cena fatta di ricordi di partite e di episodi da spogliatoio. Come quello del compianto Bozzato, un mister venuto da Chioggia che il primo giorno di ritiro aveva disegnato lo schema della squadra. Ma qualcuno, come Alberto Vitiello, aveva notato che c’era qualcosa che non quadrava. «Mister, ma sulla lavagna siamo dodici». E Bozzato, in chioggiotto, senza batter ciglio, prese il cancellino e rispose: «Togliamo allora la mezzala, tanto è mezza». O come quando a Bignone, libero vecchio stile, gli si impastava la lingua ai primi caldi e non si capiva niente quando doveva chiamare la difesa.
Alberto Vitiello ha sempre lo spirito di un tempo, gli stessi occhi vispi anche se ora è brizzolato. Faceva l’ingegnere alla Cerestar di Castelmassa, poi si è stancato e si è messo a fare il professore, insegna a Mirandola e vive a Sermide.

Si intrecciano così storie di vita di personaggi che hanno fatto carriera come Michele Centenaro, bomber di razza, ex delegato Uefa e attualmente segretario generale dell’European Club Association, che rappresenta quasi 200 dei principali club del continente, una sorta di sindacato all’ennesima potenza. «Lavoro a Nyon ma la mia famiglia vive a Venezia, spesso sono in giro per l’Europa ma non mi lamento. Mi piace quel che faccio, come mi è piaciuta questa serata. Peccato che il Rovigo sia sparito; ma come è stato possibile? Come mai la città non ha reagito?». Vagli a spiegare che il calcio a Rovigo ha pagato la crisi dei tempi e che a parte qualche tifoso, in pochi hanno alzato un dito per cercare di tenerlo a galla. I tifosi poi sono sempre gli stessi di quando giocava Centenaro. Quelli che incitavano «Turbo» Tubaldo, uno che correva per 90 minuti e si fermava solo perchè c’erano le recinzioni attorno al campo. A tavola anche Trevisan e Maci, quuest’ultimo era uno di quei giocatori che avevano anche accarezzato la maglia azzurra, quella della Nazionale militare. Un fisico asciutto, intatto. Come quello di Zanaga, Brunello, Zuccolo, polesani che hanno vestito la maglia del Rovigo e che anche loro non si capacitano del perchè questa società sia stata spazzata via al termine di un’estate di tira e molla.

E poi ancora Bersanetti e Cestari, Vegro, Boniolo e Bellini hanno rivangato tanti episodi in campo e fuori. Discorsi e risate che si sono tramutate anche in tristi ricordi di compagni scomparsi prematuramente come Ardit e Boninsegna.
Poi sul finire, prima del caffè, è spuntata una maglia biancazzurra, con su scritto Deltalat, lo sponsor dell’epoca. Diego Costa, giornalista del Carlino che seguiva il Rovigo in quegli anni, ha preso per mano uno ad uno i protagonisti di quelle stagioni, ha dato loro un pennarello per una firma sulla maglia che resterà per sempre nei suoi ricordi.
La nostra speranza è che quella maglia di una gloriosa società come il Rovigo torni presto al «Gabrielli», ma non dietro una bacheca, bensì sul tappeto verde, vestita da nuovi giocatori, senza dimenticare quelli che hanno fatto la storia di questa squadra.